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La dura via della canapa

La canapa si sta rivelando una risorsa importante per la bioeconomia, ma la filiera industriale deve essere ricostruita

Scritto da il 03 febbraio 2015 alle 15:04 | 0 commenti

La dura via della canapa

É una pianta ecologica, resistente ed è facile da coltivare, oltretutto senza pesticidi e diserbanti inquinanti, combatte l’erosione del terreno e riesce persino a risanare i terreni inquinati. Parliamo della canapa, la cui coltivazione è osteggiata ancora oggi e mentre il suo utilizzo nel settore tessile è problematico. «In Italia non esiste più la capacità di trasformare la fibra in filo. Si può coltivare la pianta ma manca la parte industriale, perché non ci sono più macchine che possano lavorarla», afferma Mauro Vismara, imprenditore e fondatore dell’azienda Maeko che produce tessuti e filati naturali come  canapa, ortica, soia, crabyon, bambù, lino, cotone biologico, fiocco di Yak. Il risultato di ciò è che l’azienda deve lavorare nel distretto tessile torinese la canapa mescolandola con altre fibre vegetali perché in Italia non esistono più le attrezzature specifiche per la lavorazione della canapa.

«Il nostro Paese è stato, negli anni ’40, il secondo produttore al mondo di canapa, subito dopo la Russia, e con il primato della migliore qualità al mondo, la fibra di Carmagnola. – spiega Vismara – Poi? Complice l’avvento delle fibre sintetiche e la demonizzazione che ha finito per rendere la canapa sinonimo di droga, tutto questo è andato perduto. Il nostro progetto è di riportare in Italia una filiera scomparsa, anche grazie al sostegno tecnico del Politecnico di Milano, per realizzare tessuti 100% Made in Italy e prodotti finiti che siano sicuri e ‘trasparenti’, dal campo al negozio. In più – aggiunge – la stessa filiera che serve per la canapa sarebbe in grado di lavorare anche altre fibre come bambù e ortica».

La canapa ha perso terreno in passato non solo di fronte alle fibre sintetiche prodotte negli Stati Uniti ma anche a fronte della “Convenzione Unica sulle Sostanze Stupefacenti” sottoscritta dal governo italiano nel 1961 (e seguita da quelle del 1971 e del 1988), secondo la quale la canapa sarebbe dovuta sparire da tutto il Pianeta entro un quarto di secolo, annullando così anche tutta la filiera industriale che la riguarda. Per fortuna le cose non sono andate così e negli ultimi tempi l’interesse verso i molti utilizzi di questa pianta ha riguadagnato terreno, ma rimane da ricostruire l’intera filiera industriale legata a questo tipo di coltivazione. Per quanto riguarda la tintura dei tessuti ottenuti, per esempio, l’azienda di Vismara segue due diverse logiche. La prima è quella che rispetta il regolamento sulle sostanze chimiche Reach della Comunità Europea, il quale prevede una black list che vieta le sostanze nocive, mentre al seconda è quella che utilizza sostanze naturali derivate dai minerali o dai vegetali, utilizzando come legante tra il colore e la fibra, una proteina del latte.


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L'autore

Sergio Ferraris

Sergio Ferraris, nato a Vercelli nel 1960 è giornalista professionista e scrive di scienza, tecnologia, energia e ambiente. È direttore della rivista QualEnergia, del portale QualEnergia.it e rubrichista del mensile di Legambiente La Nuova Ecologia. Ha curato oltre cinquanta documentari, per il canale di Rai Educational Explora la Tv delle scienze. Collabora con svariate testate sia specializzate, sia generaliste. Recentemente ha riscoperto la propria passione per la motocicletta ed è divenatato felice possessore di una Moto Guzzi Le Mans III del 1983.


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