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Efficienza energetica in edilizia, opportunità e ostacoli

intervista

Efficienza energetica in edilizia, opportunità e ostacoli

Stefano Clerici, coordinatore del Cesef, descrive potenzialità e vincoli nel cammino verso una piena efficienza energetica in ambito building

Scritto da il 22 ottobre 2014 alle 9:00 | 0 commenti

Efficienza energetica in edilizia, opportunità e ostacoli

Il 23 e 24 ottobre in Unione Europea si deciderà il futuro delle politiche su clima ed energia. Alla vigilia o quasi di questo importante momento, una delle priorità che saranno messe sul tavolo comunitario è certamente l’efficienza energetica. Un settore che offre grandi opportunità, a patto di essere debitamente sfruttate. A questo riguardo, tra gli studi condotti ve n’è uno presentato di recente dal Centro studi sull’economia e il management dell’efficienza energetica (Cesef), che ha evidenziato l’importanza strategica dell’efficienza energetica definendola una leva fondamentale per il rilancio economico e industriale dell’Italia, segnalando che il raggiungimento degli obiettivi vincolanti definiti dalla UE genererebbe un giro d’affari superiore ai 43 miliardi di euro nel periodo 2014-2020 in termini di investimenti per l’efficientamento energetico.
Uno degli ambiti potenzialmente più interessanti è quello dell’edilizia, pubblica e privata, che offre ampi spazi di efficientamento. Abbiamo voluto approfondire con Stefano Clerici, che del Cesef è coordinatore e responsabile, proprio i temi della ricerca legati al settore edile.

Partiamo dai 43 miliardi, ovvero dal giro d’affari potenziale: quali sono i principali ostacoli a questo traguardo?
«Innanzitutto c’è una scarsa percezione del risparmio che l’efficientamento energetico genera, perché l’adozione di tecnologie specifiche quasi mai è dettata da una visione a lungo termine. Questo rallenta il processo di efficientamento, soprattutto in ambito edilizio. A ciò si aggiunge un sistema di incentivi “a luci e ombre” dove pur contando su un sistema ben strutturato, forse il più articolato a livello mondiale, ci sono le “ombre” date dagli incentivi un po’ contenuti in efficienza energetica rispetto all’importanza che teoricamente viene data al tema. E poi occorre considerare il panorama incerto sugli incentivi, perché le aliquote sulle detrazioni fiscali andranno a ridursi a livello previsionale con la conseguente riduzione degli investimenti, che nel comparto edilizio attengono a serramenti e alla coibentazione, solo per citarne i principali.

Quali sono gli ulteriori ostacoli relativi al settore edile?
«Uno è rappresentato dalla mancanza di un sostegno incentivante sufficiente per interventi più complessi. Per esempio, dovendo fare un intervento su più fronti in un complesso edilizio (relativo, ad esempio, a involucro esterno, caldaia e altre tecnologie), è necessario fare ricorso a più tipologie di incentivi. Inoltre, c’è il problema della scarsità dell’offerta finanziaria. Su 25 miliardi di euro erogati ai progetti cleantech (ossia efficienza e rinnovabili) dal 2007 al 2012 solo il 2,4% era destinato all’efficienza energetica. Va considerato, poi, che le banche non sono sufficientemente attrezzate per valutare la bontà dei progetti mirati».

A fronte di tutto questo, quali sarebbero le azioni da intraprendere per ottenere miglioramenti significativi?
Occorre fornire stimoli più forti ai potenziali acquirenti di tecnologia, dando maggiore forza agli incentivi; le banche si devono attrezzare meglio con strumenti più specifici per aiutare i richiedenti, con offerte “su misura” e adeguate al tipo di intervento richiesto. In generale, occorre fare investimenti anche in cultura dell’efficienza per far capire agli utenti finali che essa non è solo un costo ma un investimento che si ripaga. Per quanto riguarda la pubblica amministrazione, essa è scarsamente competente sia in termini di opportunità per ciò che l’efficienza è in grado di generare sia nell’affrontare le gare, che così risultano poco appetibili per gli investitori».
E per quanto riguarda interventi edilizi complessi?
«Occorre anche immaginare sistemi incentivanti mirati a questi tipi di intervento, facendoli rientrare all’interno del sistema dei certificati bianchi, magari con soluzioni di premialità tali da coprire una parte più consistente dell’investimento; dando maggiore spinta al Conto termico, partito male (dei 900 milioni stanziati solo l’1% è stato speso) perché oggettivamente complesso e finora sottoutilizzato. Anche l’aggregazione dei soggetti nella domanda, ad esempio vari condomìni, può aiutare a rendere più appetibile l’offerta di finanziamenti».


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L'autore

Andrea Ballocchi

Andrea Ballocchi, giornalista e redattore free lance. Collabora con diversi siti dedicati a energie rinnovabili e tradizionali e all'ambiente. Lavora inoltre come copywriter e si occupa di redazione nel settore librario. Vive in provincia di Milano.


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