Certificazioni: dalla qualità dell’edificio la spinta al rilancio dell’edilizia?
Sulla documentazione che attesta l'efficienza energetica, acustica e termica si gioca buona parte delle possibilità di rilancio per il mercato dell'edilizia.
Photo: Vigilius Mountain Resort a Lana (BZ) è certificato Casaclima Hotel (Foto: vigilius mountain resort)
Tra certificazioni esistenti e nuove in arrivo. Sulla documentazione che attesta l’efficienza energetica, acustica e termica si gioca buona parte delle possibilità di rilancio per il mercato dell’edilizia. L’attestato di certificazione energetica è un documento ufficiale, valido 10 anni, prodotto da un soggetto accreditato come “certificatore energetico” e dai diversi organismi riconosciuti a livello locale e regionale, rilasciato da tecnici qualificati in grado di attestare i consumi e le caratteristiche energetiche di un edificio. Con quali obbiettivi è stata introdotta in Italia questa procedura? Oltre che operare in un’ottica di risparmio delle risorse e di rispetto per l’ambiente, informare i proprietari degli immobili sul consumo energetico di un edificio, sensibilizzandoli sui costi della sua gestione, significa incrementare la domanda di case a basso consumo energetico, cosa che ha ricadute positive sullo sviluppo e il rilancio del settore edilizio. Riqualificare energeticamente gli edifici esistenti, anche attraverso le detrazioni del 55% sull’IRPEF, significa intervenire sulla spesa energetica di tutto il Paese, liberando risorse da impiegare in altri campi. Queste le premesse. Innanzitutto va detto che si parte da una direttiva europea (articolo 7 della Direttiva 2002/91/CE), che gli stati membri dell’unione hanno messo in pratica ognuno a suo modo, spesso con differenziazioni regionali oltre che nazionali. La Commissione Europea ha istituito una piattaforma internet, la EPBD Building Platform, con il compito di monitorare l’implementazione a livello europeo della Direttiva, ma resta il fatto che la situazione nell’Unione è variegata. E se in Svezia, dove la certificazione di tutti gli edifici è obbligatoria dal 2009, la prima legislazione sui requisiti minimi di prestazione energetica per gli edifici risale addirittura al 1942, in Olanda un decreto prevede la certificazione di tutti gli edifici pubblici (ad esclusione di scuole e ospedali) con superficie utile superiore a 100 mq, con obbligo di esposizione all’esterno del certificato. Qui il lavoro di certificazione, come in Svezia e in Finlandia, spetta ad aziende specializzate che operano nel rispetto delle norme nazionali e internazionali. In Germania il certificato energetico viene attuato in diverse fasi, anzitutto per gli edifici costruiti dopo il 1965. Come in Austria, il certificatore svolge la sua attività a titolo di soggetto individuale, ma è comunque accreditato dall’amministrazione locale, che emette il certificato e la targa energetica. E in Italia? L’Attestato di Certificazione energetica al momento si utilizza soprattutto in due occasioni: è indispensabile per tutti gli atti
notarili di compravendita di ogni singolo immobile e, dal 1° luglio 2010, anche per quelli di locazione. Inoltre, fa parte della documentazione necessaria per ottenere gli sgravi fiscali e accedere alle detrazioni del 55% sul reddito IRPEF. Queste le linee generali, ma sulle modalità di redazione dei certificati, ogni regione ha una sua legislazione, e ci sono anche quelle che ne sono sprovviste: in questo caso, secondo le linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici e solo per gli edifici di superficie utile inferiore a 1.000 m2 e ai soli fini della compravendita, si può utilizzare l’autodichiarazione. Il decreto prevede che il proprietario dell’immobile, consapevo- le della sua scadente qualità energetica, possa scegliere di ottemperare agli obblighi di legge attraverso una sua dichiarazione in cui afferma che l’edificio è di classe energetica G (la peggiore) e che i costi per la gestione energetica dell’edificio sono alti.
La (scarsa) qualità dei controlli
A complicare ulteriormente il panorama della messa in pratica delle norme, la carenza di qualità e di controlli delle attività legate alla certificazione energetica degli edifici, che sembra aver creato una situazione “all’italiana”. Lo ha denunciato in una lettera aperta indirizzata all’ordine degli architetti e ai rappresentanti della Regione Lombardia (ma il problema riguarderà anche altre re- gioni…) un architetto certificatore energetico iscritto al Sacert, l’associazione mista Pubblico/Privato a controllo pubblico nata nel 2006 per l’accreditamento volontario di Enti, Associazioni, Istituti che istruiscono professionisti per affrontare la Certificazione Energetica attraverso una metodologia di calcolo comune sviluppata dal Dipartimento BEST del Politecnico di Milano e aggiornabile qualora Ministero e/o Regione ne imponessero una per legge. L’architetto varesino Maristella Roncalli, autrice di questa lettera, mette in evidenza come oggi la certificazione energetica venga vissuta dai cittadini non come una risorsa ma come un adempimento burocratico, una tassa da versare alla Regione. In questo situazione la responsabilità dei tecnici è fondamentale. Quelli preparati ci sono, ma esistono anche “situazioni limite presenti sul mercato che non sembra premiare certo la qualità, con un’estenuante corsa al ribasso delle tariffe che obbligano chi vuole far bene ad abbandonare il campo perché non riesce a stare nei costi, oppure a scivolare nel pressappochismo”. In altre parole, c’è un abitudine a rilasciare certificati energetici “venduti” per pochi euro, redatti in modo frettoloso e in tempi troppo rapidi. La conseguenza di questa situazione è che i tecnici certificatori vedono svilire la propria professionalità, e i cittadini non sanno più di chi fidarsi, mentre avrebbero diritto, a fronte della spesa,ad un lavoro fatto con cura. Per tenere alto il valore della qualità operativa dei certificatori, molti enti qualificati – come il Sacert – stanno lavorando sulla formazione, così come la Regione Lombardia che ha anche avviato iniziative per il controllo dei certificati energetici. Tuttavia, prosegue la lettera, “il mercato sembra non accorgersene e nemmeno l’utente finale perché in fondo se quel “foglio” da portare al notaio gli è costato di meno, non importa se sia fatto bene o no.” Per uscire da questa situazione occorre stabilire dei protocolli che consentano di ridurre la discrezionalità e di aumentare i controlli e la qualità dell’operato dei certificatori. Si potrebbe, ad esempio, come consiglia anche l’autrice della lettera, prendere spunto dal modello CasaClima, ormai sinonimo consolidato di edilizia ad alto risparmio energetico.
Il certificato energetico CasaClima
Il certificato energetico e la targhetta CasaClima, che non riguarda solo le nuove costruzioni ma anche la ristrutturazione sostenibile di immobili esistenti, sono le colonne portanti di un sistema di classificazio- ne connesso con il concetto di costruzione CasaClima, che attira sempre più costruttori e proprietari. I certificatori CasaClima, una volta formati diventano parte del sistema e lavorano ad un obiettivo comune. L’utente finale ha un solo referente cioè l’ente di certificazione che incarica direttamente i certificatori di espletare le varie pratiche. Il certificatore è controllato nel suo operato, ha dei protocolli precisi cui riferirsi, viene pa- gato direttamente dall’ente di certificazione. L’utente finale, dunque, è garantito dall’ente sulla qualità del prodotto e del risultato che è indipendente dal certificatore, e può contare su un prezzo chiaro e uguale per tutti.
Le categorie CasaClima permettono dunque di identificare il grado di consumo energetico di un edificio. Esistono CasaClima Oro, CasaClima A e CasaClima B. Il consumo di energia più basso è garantito da una CasaClima Oro, che richiede 10 kilowattora per metro quadro l’anno, il che si può garantire, in pratica, anche in assenza di un sistema di riscaldamento attivo. La CasaClima Oro è anche detta “casa da un litro”, perché per ogni metro quadro necessità di un litro di gasolio o di un m3 di gas all’anno. Le case con un consumo di calore inferiore ai 30 kilowattora per metro quadro l’anno sono invece classificate come CasaClima A, la cosiddetta “casa da 3 litri”, perché richiede 3 litri di gasolio o 3 m3 di gas per metro quadro l’anno. CasaClima B è invece l’edificio che richiede meno di 50 kilowattora per metro quadro l’anno. In questo caso si parla di “casa da 5 litri”, in quanto il consumo energetico comporta l’uso di 5 litri di gasolio o 5 m3 di gas per metro quadro l’anno.
Particolarmente importante è il fatto che la classificazione energetica dell’immobile avviene in seguito ad un’indagine sull’edificio svolta durante tutto l’iter della realizzazione, e non solo sulla base del progetto. Il certificato energetico evidenzia l’entità del fabbisogno di calore di un edificio, e presenta due classificazioni energetiche: la prima riguarda la classe di isolamento termico dell’edificio, la seconda la qualità dell’impiantistica. Con l’aiuto di una tabella suddivisa in caselle colorate, dal verde (basso fabbisogno energetico) fino al rosso (alto fabbisogno), chiunque può capire se un edificio consuma molta o poca energia. L’indice termico di calore viene determinato in base a fattori rilevanti dal punto di vista energetico, tramite un procedimento di calcolo unitario. I committenti possono, in questo modo, calcolare il fabbisogno medio di riscaldamento ed energia di un edificio ed effettuare una comparazione tra diverse costruzioni.
La classificazione acustica al via dal 2012
Nel luglio 2010 è stata emanata la norma tecnica UNI 11367 dal titolo “Classificazione acustica delle unità immobiliari – Procedura di valutazione e verifica in opera”, che si applica a tutti i tipi di edifici, tranne a quelli ad uso agricolo, artigianale e industriale. La valutazione complessiva di efficienza acustica di ogni unità immobiliare nasce da valutazioni per ogni singolo elemento; sono oggetto di classificazione l’isolamento di facciata, l’isolamento rispetto ai vicini (sia per i rumori aerei, sia per i rumori di calpestio) e il livello sonoro degli impianti. La norma UNI prevede quattro differenti classi di efficienza acustica: dalla classe 1 (la più silenziosa), alla 4 (la più rumorosa): seppure il livello prestazionale “di base” sia rappresentato dalla terza classe, la stragrande maggioranza degli edifici italiani attualmente esistenti non raggiunge neppure la quarta classe. Attualmente l’applicazione delle classi acustiche è volontaria e il rispetto di una specifica classe acustica obbligatorio solo se previsto dalle condizioni contrattuali. Ma la situazione dovrebbe cambiare a partire dal 2012, quando la classificazione acustica di un’unità immobiliare (che sia un appartamento o un’abitazione monofamiliare), diventerà necessaria.
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L'autore
Paola Pianzola
Paola Pianzola, giornalista freelance, vive a Milano. Ha curato la realizzazione editoriale di alcuni libri e diretto periodici specializzati nel settore dell’architettura, dell’industrial design e del legno come materia prima; collabora con pubblicazioni rivolte all’utente finale occupandosi di progettazione, materiali e prodotti edilizi ecosostenibili.
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Dimitri
scrive il 11 agosto 2011 alle ore 10:41
Da una recente indagine è emerso che, su 100 edifici classificati in classe energetica A secondo CasaClima (credo in Puglia), soltanto 7 risultavano effettivamente in classe A. E allora, come la mettiamo? Siamo sempre il paese dei furbi, o no?
Enrico
scrive il 22 agosto 2011 alle ore 12:02
Articolo molto interessante. Lavoro sul tema della certificazione edilizia in Gran Bretagna da alcuni anni. Mi convinco sempre piu che il problema nel nostro bel Paese risiede nella mancanza di chiare linee guida nazionali e su una idonea formazione dei professionisti (progetisti, certificatori e tecnici a cui affidare le verifiche sul campo). Grazie.
Dott. Arch. Andrea Riccardi
scrive il 25 ottobre 2011 alle ore 13:07
Leggo con interesse quanto sopra. L'Italia ha necessità di reclutare figure professionali serie e determinate nel arricchimento del rispetto per le leggi e le normative. "E' indispensabile dimostrare logiche progettuali chiare e concrete". Dott. Arch. Riccardi
paola pianzola
scrive il 08 novembre 2011 alle ore 19:26
Gentile Dimitri, non conosco l'indagine cui si riferisce. E' vero che la certificazione energetica edilizia in Italia ha luci e ombre, come del resto si deduce dall'articolo, anche per il fatto che a volte si cita Casaclima non a proposito, evocando la sua "ClasseA" e confondendola nel migliore dei casi con altri tipi di certificazione. L'agenzia CasaClima di Bolzano (www.agenziacasaclima.it) e tutto il suo staff di tecnici certificatori, lavorano con assoluta serietà ma è indubbio che in Italia, anche per la complessità delle norme e la scarsa informazione da parte degli utenti, il terreno sia fertile per l'insorgere di situazioni che approfittano proprio di questa poca chiarezza.