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Prestazione energetica

Certificazione degli edifici: a che punto siamo

In Italia prevale una situazione disomogenea normativa in tema di certificazione energetica degli edifici. Lo evidenzia il rapporto del CTI

Scritto da il 05 aprile 2012 alle 8:15 | 0 commenti

Certificazione degli edifici: a che punto siamo

Photo: Infradept


Con il primo gennaio è diventata obbligatoria l’esposizione dell’indice di prestazione energetica degli edifici. Chi si aspettasse però che tutte le Regioni si siano uniformate ad attuare questo obbligo rimarrebbe deluso. Lo dimostra un rapporto realizzato dal Comitato Termotecnico Italiano (CTI) ed Expocomfort, che a quasi un anno dalla pubblicazione del primo torna a fare il punto sul quadro nazionale.

Una situazione in chiaroscuro

Un quadro per certi versi positivo se si guarda all’aumento degli attestati di certificazione energetica (Ace), che hanno raggiunto a fine 2011 quota 1.375.023 (710mila dei quali nella sola Lombardia, vale a dire il 51% circa) rispetto agli 891mila (500mila in Lombardia, ossia circa il 56%) censiti al primo marzo 2011. Altro valore positivo è dato dal fatto che la certificazione energetica degli edifici si sia dimostrata “un volano importante per il settore delle nuove costruzioni, spingendo i progettisti a realizzare edifici meno dispendiosi in termini di energia”, si legge nell’analisi.

E ben sappiamo quanto l’edilizia sia “energivora”, come ha sottolineato l’Unione Europea: solo nel nostro Paese, ricorda il Cti, il fabbisogno di energia del settore civile copre una quota pari a circa il 41% del consumo energetico nazionale. Il problema principale, come evidenziano le conclusioni del rapporto, è che “sebbene vi siano stati alcuni progressi rispetto allo scorso anno, permangono forti disomogeneità sul versante normativo tra le diverse Regioni italiane”.

La situazione nelle regioni

Nel dettaglio regionale, la situazione quanto ad attuazione della certificazione energetica è infatti quanto mai varia: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Marche, Molise, Sardegna, Umbria e Veneto, vale a dire la metà delle regioni italiane, non hanno una legge quadro sulla materia; solo Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta possiedono un catasto energetico regionale, che dovrebbe essere attivato anche in Abruzzo, Liguria e Veneto. Se poi si passa a considerare la procedura di calcolo utilizzata per la valutazione degli indicatori energetici, la disomogeneità del quadro nazionale appare ancora più evidente.

Si aggiunga inoltre il fatto che sull’aumento degli Ace “pesa” il fatto che il 95% di essi è ascrivibile al Nord Italia: il quadro quindi non è incoraggiante. Lo rimarca chiaramente Giuliano Dall’O’, professore associato di Fisica tecnica ambientale presso il dipartimento BEST del Politecnico di Milano nonché responsabile del coordinamento scientifico del rapporto: “il dato che vede solo il 4% degli attestati ascrivibili al Centro e l’1% al Sud conferma lo scarso impegno da parte di molte amministrazioni regionali nel promuovere la certificazione. Questo rapporto intende evidenziare e monitorare la situazione esistente e contiamo sulla buona volontà di chi è ‘agli ultimi posti nella classifica’, che si dia da fare per migliorare la situazione della propria amministrazione”.

Elementi positivi e negativi

Dall’O’ è comunque speranzoso che la situazione migliori: i segnali per un miglioramento ci sono, come sottolinea il docente, dati dal fatto che “la certificazione contribuisce a dare nuovo brio al mercato immobiliare, e la tendenza è destinata a rafforzarsi nei prossimi anni. Sul mercato immobiliare i costruttori, sia pure in un mercato contratto per questioni economiche contingenti, dimostrano di puntare su edifici di classe energetica elevata: secondo il rapporto Ance il 47% dei nuovi edifici sono di classe B, A e A+”.

Altro elemento positivo, sempre a detta del responsabile del coordinamento scientifico del rapporto, è l’obbligatorietà dell’esposizione degli attestati durante la compravendita, anche se evidenzia che nella stragrande maggioranza delle Regioni non siano state previste sanzioni: “la Lombardia e il Piemonte in questo senso sono le uniche ad averne previste. Negli altri casi permane l’obbligatorietà senza però sanzione. Il problema principale, dovuto a tale situazione è che quando un cittadino non lo si mette in grado di sapere cosa acquista si va contro ai suoi interessi”.

Si arriva poi a segnalare le eccellenze ravvisate dal rapporto: “oltre alla Lombardia occorre ricordare l’Emilia-Romagna, il Piemonte e la Liguria: quest’ultima, per esempio, ha un rapporto certificati energetici per abitante nettamente superiore alla Provincia autonoma di Bolzano, considerata spesso un’eccellenza. Nel Sud italia, la Puglia ha dimostrato un impegno encomiabile sul discorso delle rinnovabili, la Sicilia dimostra di recente segnali positivi. Però si deve accelerare, perché non è ammissibile che ancora oggi svariate Regioni, quali il Lazio, sede della capitale d’Italia e della amministrazione statale, non abbiano una legge sulla certificazione”.


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L'autore

Andrea Ballocchi

Andrea Ballocchi, giornalista e redattore free lance. Collabora con diversi siti dedicati a energie rinnovabili e tradizionali e all'ambiente. Lavora inoltre come copywriter e si occupa di redazione nel settore librario. Vive in provincia di Milano.


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