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«Certificare green un edificio è una risorsa» | Tekneco

Ecosostenibilità - Intervista

«Certificare green un edificio è una risorsa»

Alberto Ballardini spiega caratteristiche e vantaggi del protocollo Breeam in Use, evidenziando perché conviene rendere ecosostenibile un immobile

Scritto da il 08 aprile 2016 alle 8:00 | 0 commenti

«Certificare green un edificio è una risorsa»

L’ecosostenibilità in edilizia è un valore sempre più ricercato. A parte l’attenzione ambientale, l’obiettivo di “virare al green” edifici nuovi o già esistenti non fa solo bene all’ambiente, ma è un’opportunità economica che offre ampi margini di profittabilità.
In Italia, pur partita tardi, si sta facendo strada questa tendenza. Ma quali sono i processi che portano un edificio a diventare più “verde”? Sicuramente uno strumento ideale è quello della certificazione volontaria di sostenibilità. Tra questi si segnala il Building Research Establishment Environmental Assessment Method (Breeam). Si tratta del protocollo di valutazione degli edifici su base volontaria, nato con l’obiettivo di valutare la performance ambientale degli immobili. Globalmente ci sono più di 540.800 edifici certificati, e quasi 2.235.000 edifici risultano sottoposti al processo di valutazione. Istituito nel 1990 nel Regno Unito, non valuta solo le nuove costruzioni, ma anche quanto già esistente (BIU – Breeam In Use). Un’opportunità interessante per un Paese, l’Italia, dove si contano almeno 13 milioni di case da ristrutturare, oltre a edifici pubblici, commerciali, industriali.

Il protocollo Breeam in Use in questi giorni ha “fatto parlare di sè” attraverso la certificazione di due edifici milanesi di proprietà Neif (Next estate income fund), il fondo paneuropeo gestito da BNP ParibasRE Investment Management: Palazzo Montedoria, nato nel 1963 da un progetto di Giò Ponti, firma storica dell’architettura nazionale e internazionale, e HQ2 Pirelli. I due edifici, infatti, sono stati premiati con la certificazione BIU Part 1. In entrambi i casi il processo di certificazione è stato supportato da Alberto Ballardini – BIU Auditor per Habitech – Distretto Tecnologico Trentino, polo di eccellenza nazionale per l’innovazione e la sostenibilità in edilizia. Ballardini è anche project manager di Habitech, nonché una delle figure che ha contribuito alla nascita del Green Building Council Italia, associazione parte del network mondiale che intende favorire e accelerare la diffusione di una cultura dell’edilizia sostenibile.

ecosostenibilità in edilizia

Alberto Ballardini

Quali sono le caratteristiche peculiari del protocollo Breeam in use?

Innanzitutto il protocollo Breeam è stato ideato e strutturato con una significativa connotazione tecnico-scientifica consistente rispetto all’americana LEED, nata poco dopo. Oggi Breeam e LEED si spartiscono la leadership mondiale.
Per quanto riguarda la specializzazione sugli edifici già esistenti, entrambi sono focalizzati sugli aspetti relativi al ciclo di vita dell’edificio (LCA – Life Cycle Assesment), ponendosi obiettivi di riduzione dei costi di gestione, ottimizzare i processi e garantire condizioni di comfort interni più elevati possibile.

Quali sono i punti di forza di Breeam e in particolare BIU? Quanto un protocollo come BIU potrebbe migliorare l’ecosostenibilità di quanto è già costruito?

Una premessa: il protocollo nasce come uno strumento di self assesment e di auto diagnosi, quindi prima ancora di pensare a certificare un edificio, la proprietà ha la possibilità di avere una panoramica completa degli elementi utili a comprendere se e come intervenire per renderlo più ecosostenibile. Vale, quindi, come uno strumento di misura per capire lo stato dell’edificio così com’è. Una volta “scattata la fotografia” del presente si può decidere se proseguire nel percorso verso la certificazione oppure utilizzare questo strumento per migliorare la situazione. In questo senso BIU può fornire una sorta di road map per incrementare le prestazioni generali e successivamente decidere se certificare l’edificio.
Altro elemento peculiare di BIU è la sua suddivisione in varie parti, la prima delle quali riguarda la struttura e gli impianti; quindi è possibile intervenire in termini di efficienza energetica e di miglioramento prestazionale dell’involucro e degli impianti, svincolando le caratteristiche fisiche dell’edificio da quelle che sono le buone pratiche di gestione. La seconda parte, che riguarda il building management, ossia la gestione e manutenzione, un ambito interessante sia per gli edifici commerciali e uffici, comparti profittevoli e di particolare interesse in termini di mercato, sia per tutti quei soggetti che si occupano di offrire servizi di property e di facility management.

BIU può contribuire quindi al miglioramento in termini di prestazioni energetiche un edificio?

Sì, perché nel momento stesso in cui io misuro le prestazioni dell’edificio posso intervenire per migliorarlo. È bene però segnalare che BIU non nasce per certificare una ristrutturazione vera e propria, ma per fornire una misura di sostenibilità in fase di gestione, manutenzione e conduzione dell’immobile. Poi è alla sensibilità del proprietario dell’immobile decidere o meno di operare un intervento teso al miglioramento in termini di efficienza energetica.
Una volta raggiunta la certificazione, il passo successivo è quello di mantenere il livello raggiunto o, nel caso di nuovi interventi, verificare come possano mutare le prestazioni. In ogni caso, anche senza fare alcun intervento, dopo tre anni viene comunque verificata la condizione dell’immobile tramite un audit.

La leva economica quanto può essere interessante per certificare l’ecosostenibilità di un edificio?

Premesso che l’aspetto economico è quello prevalente, la maggior parte degli operatori punta a una miglior gestione del costruito, al suo efficientamento e alla riduzione dei costi. E poi l’immobile certificato acquista un certo valore, qualunque esso sia. Considerando che l’immobile prima o poi va sul mercato, specie nel caso di edifici commerciali o di uffici, è importante prevedere di non fargli perdere valore, garantendogli una certa appetibilità sul lungo periodo. Il percorso di certificazione permette di garantire tutto questo.

Nel protocollo Breeam il giudizio viene assegnato prendendo in considerazione svariati fattori ambientali, mediante un punteggio che prevede sei livelli di classificazione, andando da acceptable a outstanding

Si può quantificare quanto è profittevole certificare o meno un edificio specie nel mercato italiano?

A livello di investimenti sappiamo che c’è un certo interesse da parte di fondi stranieri a operare in Italia. Nel momento in cui sono presenti tali fondi, prima dell’acquisizione di un immobile, spesso e volentieri viene fatta una richiesta preventiva di certificare l’immobile o quantomeno conoscere l’entità della spesa che comporta il processo di certificazione. Posso azzardare a stimare che a fronte di un certo costo per certificare, il beneficio relativo è almeno dieci volte superiore. Stiamo parlando di operazioni da 20-30 milioni di euro per uffici o centri commerciali.

Posto questo, ravvisa una maggiore sensibilità in Italia per l’ecosostenibilità negli ultimi anni?

Certamente, specie negli attori internazionali, ma anche gli investitori italiani stanno comprendendo il valore dell’attenzione a tematiche green e alle relative certificazioni. Tutto sommato, i protocolli volontari stanno prendendo piede. L’unico ostacolo è rappresentato dall’inerzia del mercato immobiliare, frutto di una mentalità tradizionalista e non incline all’innovazione. Ma il fatto di avere a che fare con protocolli di questo tipo ci porta sempre più vicini a processi di qualità che sono ormai assodati, quotidiani e irrinunciabili in questo e in qualsiasi altro mercato.
L’attenzione alla qualità è comunque un fattore premiante.


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L'autore

Andrea Ballocchi

Andrea Ballocchi, giornalista e redattore free lance. Collabora con diversi siti dedicati a energie rinnovabili e tradizionali e all'ambiente. Lavora inoltre come copywriter e si occupa di redazione nel settore librario. Vive in provincia di Milano.


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