Cohousing: così si fa strada un modo diverso di abitare
L'evoluzione del settore è all'insegna della sostenibilità ambientale e dei costi contenuti
Il primo a pensarci è stato l’architetto danese Jan Gudmand-Høyer che nel 1964 raccoglie un gruppo di amici attorno a una sua intuizione: in una società dominata dal lavoro e dalla coesistenza forzata, è necessario ricreare il clima e i “servizi” offerti dal vecchio villaggio. E per contrastare un tipo di vita che, soprattutto nelle grandi città, mette in gioco l’equilibrio fra la dimensione privata e quella professionale rendendolo precario con l’organizzazione spesso poco razionale dei servizi (scuole, supermercati, trasporti, fitness…) e ritrovare una sfera di benessere, relazioni e qualità ambientale, la scelta di abitare in comunità di vicinato elettivo, condividendo i principali servizi, può essere un’alternativa percorribile. L’idea della co-residenza “a servizi condivisi” è dunque alla base del successo del cohousing in Danimarca, dove tra il 1970 e il 1982 si realizzano 22 insediamenti. Esperienze simili si diffondono nel resto del mondo, dal Canada agli Stati Uniti che propongono importanti modelli di riferimento, tra cui lo Swan’s Market di Oakland, un ex-mercato ristrutturato con ventidue famiglie che condividono sala e cucina, una palestra, una hobby room, una lavanderia e anche uno spazio per gli ospiti.
Libertà è partecipazione
Abitati di solito da 30-40 famiglie che si sono scelte e che hanno deciso insieme cosa condividere e come gestire gli spazi condivisi, gli insediamenti in cohousing vedono sempre la compresenza di spazi abitativi individuali e di spazi comuni (fino al 20-25% del totale della volumetria costruita). Realizzate sia ex-novo sia in strutture recuperate, le co-residenze non seguono criteri omogenei di organizzazione degli spazi e dei servizi ma tutte hanno l’obiettivo di ridurre la complessità di organizzazione della vita, riducendo i costi e generando un importante benessere psicologico. Tra i servizi più frequentemente condivisi, uno spazio multifunzionale comune (spesso dotato di cucine), una play-room per i bambini (e magari un micronido), il concierge-centro servizi (che paga le bollette, riceve la posta, fa prenotazioni), uno spazio verde (spesso con orti o serre), un servizio di car-sharing o bike-sharing, la lavanderia, lo spazio per la raccolta e il compostaggio dei rifiuti, forniture energetiche alternative o cogestite.
Come funziona
Ogni progetto di cohousing ha una storia e caratteristiche diverse, ma vi sono tratti in comune che stanno alla base dei progetti. Le comunità di cohousing sono elettive e trasversali (non si formano cioè sulla base di principi ideologici, religiosi o sociali): aggregano persone dalle esperienze diverse, che scelgono di formare un gruppo promotore e si consolidano con la formazione di un progetto comune. I futuri abitanti partecipano alla progettazione del “villaggio” in cui andranno ad abitare, mantenendo l’individualità della propria abitazione e dei propri ritmi di vita, ma scegliendo i servizi da condividere e come gestirli. Le comunità di cohouser sono amministrate direttamente dagli abitanti, che si occupano anche di organizzare i lavori di manutenzione e della gestione degli spazi comuni. Si definiscono dunque responsabilità e ruoli di gestione degli spazi e delle risorse condivise, ma nessuno esercita alcuna autorità sugli altri membri e le decisioni sono prese sulle base del consenso. Qual è il valore aggiunto? La formula del co-housing, indipendentemente dalla tipologia abitativa, consente di accedere a beni e servizi che per il singolo hanno costi alti. Condividendo beni e servizi si risparmia sul costo della vita perché si riducono gli sprechi, il ricorso a servizi esterni, il costo dei beni acquistati singolarmente. L’effetto combinato dei servizi condivisi genera un risparmio nel costo della vita stimato nel 10-15% sulla spesa media mensile delle famiglie. Qualche esempio? I costi condivisi per l’installazione di impianti di autoproduzione energetica (fotovoltaico, idrico, eolico), all’acquisto per uso privato degli elettrodomestici (lavatrice e asciugatrice) si sostituisce la lavanderia comune, con macchine industriali a basso impatto ambientale ed energetico; i costi per la frequenza in nidi pubblici e privati (tra 400 e 1.300 € mese) vengono abbattuti fino al 75% con l’organizzazione di un micronido interno.
Le esperienze in Italia
L’italia in questo campo sta muovendo ancora i primi passi: il cohousing è affascinante ma la sua organizzazione complessa e in questo senso internet è un potente mezzo di comunicazione e aggregazione. L’iniziativa www.cohousingitalia.it nasce da alcuni gruppi spontanei di aspiranti cohouser, l’associazione Coabitare (www.coabitare.org) sta lavorando a Torino su Numero Zero, il primo cohousing torinese in via di realizzazione a Porta Palazzo. Ma la realtà italiana pioniera in questo settore è nata quasi 10 anni fa dall’incontro di due entità: l’agenzia per l’innovazione sociale Innosense Partnership e il Dipartimento Indaco del Politecnico di Milano che a partire dal 2005 mettono a punto un percorso di iniziative per portare il cohousing in Italia, avviato con il lancio di una ricerca (realizzata in collaborazione con GPF di Giampaolo Fabris) che genera un risultato importante: oltre 2.800 manifestazioni di interesse nei confronti della formula.
La community del settore
Parte così Cohousing.it, la community italiana che oggi conta oltre 8.500 iscritti di chi abita o vuole abitare in villaggi a servizi condivisi. Il punto di raccolta di informazioni e esperienze relative al cohousing, uno strumento di aggregazione per facilitare la creazione di gruppi di persone interessati alla coresidenza e il loro incontro con le realtà immobiliari che questi insediamenti possono costruire, il riferimento per la creazione di reti professionali (di architetti, urbanisti, facilitatori social) che contribuiscano alla creazione dei nuovi insediamenti. “NewCoh è la sua evoluzione e parte dalle stesse persone che hanno fondato la community Cohousing.it con l’obiettivo – dice Nadia Simionato, uno dei soci fondatori – di promuovere il completamento di progetti di cohousing in Italia in collaborazione e con il supporto di imprenditori privati, istituzioni pubbliche oppure direttamente in forma cooperativa.” Tra le iniziative a tutto’oggi completate da cohousing.it l’Urban Village Bovisa a Milano, abitato da luglio 2009, Cosycoh a Milano, cohousing in affitto abitato da aprile del 2011: tra quelle in corso, il progetto TerraCielo a Rodano (MI), in consegna ad fine 2011. La più recente, Cuore, è alle porte di Milano, nel comune di Zibido S. Giacomo, dove una cascina abbandonata nella frazione Badile sarà oggetto di un recupero che la porterà ad essere un innovativo luogo per abitare.
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L'autore
Paola Pianzola
Paola Pianzola, giornalista freelance, vive a Milano. Ha curato la realizzazione editoriale di alcuni libri e diretto periodici specializzati nel settore dell’architettura, dell’industrial design e del legno come materia prima; collabora con pubblicazioni rivolte all’utente finale occupandosi di progettazione, materiali e prodotti edilizi ecosostenibili.
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Davide Prandin
scrive il 11 novembre 2011 alle ore 12:26
Buon giorno dott.ssa Pianzola, ho letto con interesse il suo articolo sul cohousing. Le scrivo per segnalarle l'iniziativa della cooperativa Corte dei Girasoli, di Vimercate, nella provincia di Monza e Brianza. A partire da un bando pubblico del Comune e dalla volontà di un gruppo di famiglie alla ricerca di nuove modalità di abitare, la cooperativa ha iniziato un percorso per la progettazione e realizzazione di un edificio di cohousing con caratteristiche di sostenibilità ambientale. Il progetto architettonico è già stato approntato e siamo nella fase di determinazione degli appalti. Si tratta di una iniziativa concreta e molto interessante, soprattutto per le dinamiche organizzative e per la genesi del progetto.
paola pianzola
scrive il 13 novembre 2011 alle ore 01:03
Gentile Davide, la ringrazio per la segnalazione dello stato di avanzamento di questo progetto che si sta realizzando concretamente. Un'altra conferma della vitalità delle iniziative nell'ambito del cohousing, un modo di intendere la qualità della vita e dell'abitare destinato a diffondersi.
Franco Piva
scrive il 21 novembre 2011 alle ore 19:56
Fantastica iniziativa. Queste notizie meriterebbero una maggiore visibilità. Se mi da il consenso la pubblico sul mio sito web.
M:Cristina
scrive il 22 novembre 2011 alle ore 10:07
Gentile Franco, ha sicuramente la possibilità di riprendere la notizia sul suo sito segnalando il credit di Tekneco.it. Buon lavoro