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Incubatore I3P, a Torino le start up danno vita ai rifiuti

Ricerca e sviluppo rifiuti

Start up I3P, la nuova vita dei rifiuti

Le startup innovative nate dall'incubatore I3P del Politecnico di Torino danno nuova vita a materiali di scarto, ecco alcuni esempi

Scritto da il 06 maggio 2016 alle 10:30 | 0 commenti

Start up I3P, la nuova vita dei rifiuti

La transizione verso un’economia circolare sposta l’attenzione sul riutilizzare, aggiustare, rinnovare e riciclare i materiali e i prodotti esistenti. Quel che fino a ieri normalmente si considerava come “rifiuto”, oggi può essere trasformato in una risorsa. Le misure come la migliore progettazione ecocompatibile, la prevenzione e il riutilizzo dei rifiuti possono generare, in tutta l’UE, risparmi netti per le imprese fino a 604 miliardi di euro, ovvero il 3,5 % del PIL europeo. Investire in processi, tecnologie e processi innovativi che valorizzino i rifiuti e gli scarti dei vari settori industriali significa avviarsi verso un nuovo modello di sviluppo, capace di ridurre i rifiuti in maniera sostenibile, creare nuovi posti di lavoro e tutelare l’ambiente.

Le startup innovative nate dall’incubatore I3P del Politecnico di Torino hanno raccolto la sfida e sono ora in grado di proporsi per dare nuova vita a materiali di scarto e di rifiuto:

• Carburanti di nuova generazione da materie plastiche o da oli ad alto tenore di acidi grassi

• Conglomerato alleggerito per l’edilizia dai fanghi di segagione

• Nuova risorsa energetica dal patrimonio forestale

• Bioplastiche di ultima generazione da biomasse di scarto di origine alimentare

• Fertilizzante ‘green’ dagli scarti di lana

• Recupero di materie prime dal rifiuto elettronico e dall’amianto

Si riparte da qui per ‘un’economia a impatto zero’ nelle sfide intraprese dalle startup, presentate il 5 maggio scorso in occasione dell’evento: “Economia circolare, soluzioni per aggredire un settore da 604 miliardi di euro in Europa” presso l’Incubatore del Politecnico di Torino. Per fare alcuni esempi delle start up in mostra:

La Polìpo ad esempio (Poli come Polimero e lipo da λίπος, lipos = “grasso”) prevede lo sviluppo di materie plastiche biodegradabili per l’industria non alimentare provenienti da olii vegetali come fonte di materiale per la produzione di polimeri completamente biodegradabili con struttura simile ai poliidrossialcanoati (PHA). Oppure con la Greenwolf si è analizzato il dato relativo alla lana grossolana dall’allevamento europeo e dall’industria della carne, non utilizzabile nell’industria tessile. Tuttavia, la tosa annuale, che è necessaria per il benessere dell’animale, produce 1,5 – 3 kg di lana grossolana (più di 200 mila tonnellate in Europa delle quali 18- 20 mila tonnellate solo in Italia), il progetto, che vede coinvolti il Politecnico di Torino, CNR e Obem Spa, ha lo scopo di dimostrare la fattibilità del convertire gli scarti di lana in fertilizzante ammendante usando un impianto di idrolisi locale. E ancora, che fine fa l’amianto? La MicroWaste fornirà un servizio on-site di inertizzazione dell’amianto per mezzo di un sistema mobile di trattamento termico a microonde che permette di eliminare completamente la cancerogenicità dell’amianto stesso, generando una materia prima secondaria commercializzabile. Il processo di inertizzazione consiste nel riscaldamento ad alte temperature dell’amianto (1000-1500 ⁰C) che modifica completamente la sua struttura chimica. L’amianto si trasforma così in un nuovo materiale, l’Atonit, che è stato dimostrato essere non nocivo, per l’uomo e per l’ambiente e che, aggiunto al cemento, crea un prodotto da costruzione con proprietà simili al cemento pozzolanico.

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