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Sacchetti per la spesa: quale scegliere? | Tekneco

Sacchetti per la spesa: quale scegliere?

L'opzione del riutilizzo e le altre strade tra tutela dell'ambiente e comodità nei consumi

Scritto da il 26 maggio 2011 alle 9:18 | 1 commento

Sacchetti per la spesa: quale scegliere?

Prosegue e si conclude l’inchiesta avviata con l’articolo di ieri

«Un messaggio di tipo ambientale, come quello del riutilizzo della sporta, non deve arrivare solo da una fonte ma da tutto un contesto, ad esempio dal Comune che organizza una campagna e coinvolge il commercio locale. Essenziale, inoltre, è il ruolo della grande distribuzione perché può collaborare a una serie di eventi, come è successo con la Settimana nazionale della Campagna Porta la sporta, noi vorremmo avere una comunicazione ambientale che duri tutto l’anno». Questo il punto di vista di Silvia Ricci, che prosegue constatando: «La comunicazione ambientale nel punto vendita dove i cittadini effettuano delle scelte di consumo è imprescindibile perché quando in un punto vendita commercializzano prodotti a basso impatto ambientale, se sono persi in mezzo ad altri prodotti, saranno solo i consumatori più attenti in grado di individuarli. Ci sarebbe, quindi, bisogno di visibilità per tutti i prodotti ecosostenibili. Stesso discorso per le iniziative a carattere ambientale, non possono essere limitate a un numero di spot limitati a determinati periodi dell’anno. Dovrebbero essere inseriti in un contesto generale di richiamo alla salvaguardia ambientale». Per chiarire ci fornisce degli spunti concreti « Ad esempio i cittadini dovrebbero vedere “pubblicità-eco” sui giornali, in tv, su locandine, esser continuamente raggiunti da questi messaggi. Il lavoro contro l’usa e getto dovrebbe essere quotidiano, non penso solo del sacchetto ma a tutti quei prodotti che utilizziamo per pochissimo tempo, senza preoccuparci dello spreco di risorse impiegate per produrli e di che fine fanno quando li gettiamo nella spazzatura». Che non sia proprio la strada del riutilizzo e del riciclo quella più sostenibile? Come afferma Paolo Ghidini, la sua azienda produce anche sacchetti in plastica riciclata e riciclabile al 100 per cento che «se correttamente smaltiti, sono riciclabili all’infinito».

Spreco italiano e consapevolezza negli altri Paesi

Diciamo la verità, quanto a sensibilizzazione, informazione e consapevolezza sulla salvaguardia ambientale siamo indietro rispetto alla maggior parte degli altri Paesi dell’Unione Europea. Siamo stati i primi a far entrare in vigore il divieto di commercializzazione delle buste in polietilene, ma non si sono viste campagne informative sull’importanza della riduzione dei quantitativi di plastica e soprattutto sui danni che l’usa e getta provoca.

Silvia Ricci fa l’esempio del Governo Irlandese che da più di 5 anni ha attuato un vincente escamotage: ogni sacchetto lo fanno pagare 22 centesimi e con questa campagna, fortemente disincentivante, le percentuali di riduzioni della plastica sono state ingenti. I cittadini lì sono molto informati, invece, afferma, da noi «le persone, in generale, sono scarsamente informate su qual è il prima e qual è il dopo degli oggetti che si acquistano. Per il sacchetto di plastica vale lo stesso discorso. Ad esempio il Simply Sma da un mese ha tolto i sacchetti in bioplastica e ha messo quelli di carta a 15 centesimi l’uno, oltre le borse riutilizzabili. C’è gente che continua a dimenticare la sporta e invece di prendere il sacchetto riutilizzabile, a meno di un euro, preferisce comprare il sacchetto di carta, lamentandosi del prezzo eccessivo. Pigrizia forse collegata alla non conoscenza dell’impatto ambientale del consumo usa e getta in toto». Conclude ribadendo «l’impatto ambientale più basso è dato solo dal riutilizzabile, come ad esempio la sporta».

Insostenibilità nel ciclo di vita di un sacchetto biodegradabile

I sacchetti ecologici hanno, in definitiva, sollevato non poche polemiche tra i consumatori. Un po’ sono state attenuate dalla possibilità di contribuire personalmente, alla riduzione dell’inquinamento. Il MaterBi, come detto sopra, proviene in buona parte dal grano che deve essere coltivato in maniera estensiva per poter soddisfare le richieste di produzione. I sacchetti sono poco resistenti e dunque difficilmente riutilizzabili. E’ intuitivo che se si sfruttano risorse per produrre merci utilizzabili solo per pochi minuti, 12 minuti la vita media (supermercato-casa) di un sacchetto, il concetto di sostenibilità viene a mancare. A riguardo Ugo Bardi osserva che: «Il grande problema che abbiamo oggi è che il ciclo di vita di tutta l’agricoltura non è sostenibile. L’agricoltura è basata sull’uso dei combustibili fossili per i fertilizzanti, pesticidi, irrigazione, meccanizzazione, trasporti,  con il graduale esaurimento dei fossili siamo di fronte a un problema molto serio che si porrà in modo drammatico nel prossimo futuro». Prosegue concludendo che: «il problema del sacchetto – biodegradabile o no – è del tutto marginale. E’ una verniciatina di verde; niente di più. Purtroppo, sembra che la nostra società non riesca ad affrontare i problemi reali ma si dedichi con molto gusto a discutere su quelli immaginari. Beh, impareremo prima o poi».


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L'autore

Anna Simone

Anna Simone è una Sociologa Ambientale e si occupa di tematiche ambientali dal punto di vista sociale e culturale, contestualizzando quello che succede al posto in cui è successo per comprenderlo, analizzarlo e spiegarlo. È autrice del blog Ecospiragli.


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