Riciclo & riuso
Riciclo rifiuti tessili, Italia ancora indietro
Solo il 12% dei rifiuti tessili viene avviato ad un corretto riciclaggio, e sul settore pesa l’allarme ecomafia. I dati resi noti dalla onlus Humana
Nel 2012 nel nostro paese sono state raccolte in maniera differenziata 99.900 tonnellate di rifiuti tessili, circa 1,6 kg/persona annui, pari appena al 12% del totale riciclabile; un dato nettamente inferiore alla media europea, soprattutto se si considera che il consumo di prodotti tessili si assesta sui 14 kg/persona. Il 68% del totale raccolto è stato riutilizzato, il 25% riciclato e il 7% è avviato a smaltimento.
Questi dati sono stati resi noti da Humana People to People Italia – Onlus nata nel 1998 per sostenere e realizzare progetti di sviluppo nel Sud del mondo – durante il recente convegno “La cultura del riutilizzo eccellenza della Green Economy – La raccolta degli abiti usati per una nuova etica d’impresa”, organizzato a Roma alla Camera dei Deputati.
“Un quadro normativo più chiaro e completo, che garantisca la corretta gestione degli abiti usati attraverso il controllo di tutta la filiera – ha spiegato la presidente di Humana, Karina Bolin – potrebbe portare a un incremento della raccolta fino a 3-5 kg/persona, pari a 240.000 tonnellate: ciò avrebbe un impatto positivo sull’ambiente e garantirebbe alle amministrazioni pubbliche notevoli risparmi nello smaltimento dei rifiuti, creando al contempo nuove opportunità economiche”.
Nel corso del convegno è emerso il rischio della presenza di ecomafie nel settore. “La legge dovrebbe valorizzare l’impatto sociale e umanitario e richiedere agli operatori l’obbligo di trasparenza dell’intera filiera, dalla raccolta degli abiti usati fino alla loro destinazione finale, ed una rendicontazione adeguata – ha aggiunto Karina Bolin -. Oggi, l’attività di raccolta inganna di frequente i cittadini, inducendoli a pensare che i vestiti siano destinati a un’attività sociale: al contrario in questo settore si muovono molti operatori non in regola, spesso non controllati dalle istituzioni sprovviste dei necessari strumenti per fare le opportune verifiche”.
Allarme condiviso dal direttore di Legambiente, Rossella Muroni: “Tra le nuove frontiere dell’ecomafia – ha spiegato – bisogna annoverare il traffico di rifiuti derivanti dalla dismissione di indumenti usati. Il materiale recuperato dalla raccolta porta a porta, infatti, dovrebbe essere destinato a trattamento igienizzante e poi destinato a un centro per la rivendita o lo smaltimento, secondo la legge. La criminalità organizzata invece, spesso con la complicità delle aziende produttrici dei rifiuti, preleva gli abiti scartati, seleziona il rivendibile senza effettuare nessun trattamento igienizzante e smaltisce illegalmente il resto, che spesso finisce disperso nell’ambiente o viene bruciato”.
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L'autore
Stefania Marra
Stefania Marra, giornalista professionista dal 1994, è stata per circa dieci anni caporedattrice della rivista Modus vivendi. Dal 2005 gestisce il modulo pratico di giornalismo al Master di comunicazione ambientale (CTS/Facoltà di Scienze delle comunicazioni Università La Sapienza). Scrive soprattutto di storia sociale dell'alimentazione e di ambiente, settore per il quale ha ricevuto diversi premi giornalistici.
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