#17aprile
Referendum trivelle tra ricorsi bocciati e possibili scenari
Il referendum sulle trivelle rimarrà nella storia, ecco cosa succederà se vince il sì e se vince il no. La Consulta boccia i ricorsi delle Regioni
Il referendum popolare sulle trivellazioni del 17 aprile riguarda l’attività di ricerca e di estrazione degli idrocarburi nelle acque italiane entro 12 miglia marine (circa 22,2 km) dalla costa. Il quesito sul quale dovranno esprimersi gli italiani riguarda la possibilità che le attività di coltivazione di idrocarburi in zone di mare entro le 12 miglia proseguano (nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale) per tutta la vita utile del giacimento.
È nato grazie all’impegno di 9 Regioni: Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto. Per la prima volta nella storia della Repubblica un quesito referendario è stato ammesso senza la raccolta di 550mila firme ma su richiesta dei Consigli regionali. L’articolo 75 della Costituzione stabilisce che la proposta viene approvata se partecipa al voto la maggioranza degli aventi diritto e se viene raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi. Dunque, se l’affluenza alle urne sarà inferiore al 50% la legge resterà immutata. In questi giorni alcune Regioni hanno promosso dei ricorsi per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, che la Corte Costituzionale non ha ammesso. I ricorsi riguardavano il piano delle aree e il regime delle concessioni ed erano proposti nei confronti del Presidente del Consiglio, del Parlamento e dell’Ufficio centrale per il referendum presso la Cassazione. Secondo quanto scrivono i giudici costituzionali, le richieste di referendum per gli altri due quesiti sono state bocciate perché “non è stata espressa la volontà di sollevare detti conflitti da almeno cinque dei Consigli regionali che avevano richiesto il referendum prima delle modifiche legislative sopravvenute”.
Ma vediamo quali sono gli scenari possibili secondo i diversi esiti del Referendum:
Se vince il Sì cambierà il decreto legislativo n. 152 del 2006 e verrà impedito alle società petrolifere di sfruttare giacimenti di idrocarburi a ridosso della costa italiana anche oltre il termine della concessione. Tre i grandi giacimenti già attivi, si tratta del il giacimento Guendalina dell’Eni nel Medio Adriatico, il giacimento Gospo di Edison nelle acque dell’Abruzzo e il Giacimento Vega di Edison nei pressi di Ragusa.
Se vince il NO la legge resta immutata. Tutti gli impianti finora attivi entro 12 miglia marine dalla costa potranno continuare la loro attività fino ad esaurimento del giacimento. Alla scadenza della concessione dovrà comunque essere presentata una richiesta di prolungamento dell’attività e dovranno essere ottenuta un’autorizzazione in base alla valutazione di impatto ambientale.
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