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Per chi non ancora non sa cos’è il sostenismo | Tekneco

Sustainism

Per chi non ancora non sa cos’è il sostenismo

La sostenibilità si sposa con una mentalità aperta, trasparente e partecipata per elaborare buone pratiche e ribaltare la produzione di massa

Scritto da il 12 novembre 2012 alle 8:30 | 1 commento

Per chi non ancora non sa cos’è il sostenismo

La sostenibilità è destinata a rimanere un concetto astratto e irraggiungibile, se non abbraccia ed evolve insieme ad altri movimenti per il cambiamento paralleli e convergenti come il design, internet e un nuovo concetto di proprietà. Alla base di questo pensiero c’è Sustainism (“sosteniamo”, in italiano?), un movimento di pensiero postmoderno promosso da Michiel Schwarz e Joost Elffers nel volume che porta lo stesso nome (Sustainism is the new modernism, D.A.P. 2010). A prima vista potrebbe sembrare filosofia fine a se stessa, in realtà si tratta di gettare le basi di un pensiero molto concreto, già calato nella quotidianità di tutti noi, con pratiche già discusse e messe in pratica da migliaia, se non milioni di cittadini nel mondo.

Uno dei passaggi chiave, discussi recentemente nel settembre 2012 a PICNIC Festival ad Amsterdam è la cocreazione e un nuovo concetto di proprietà, discusso a partire dal mondo di chi crea oggetti e prodotti, come quello dei designer. Può un prodotto essere sostenibile, se nel momento in cui viene pensato, disegnato, realizzato, non si tiene conto del suo intero ciclo di vita, dell’impatto ambientale, della riusabilità e della riciclabilità e dei materiali utilizzati? Facile intuire come la risposta sia un secco no, eppure nella nostra abitudine quotidiana di consumatori sono ancora pochi i prodotti pensati e messi sul mercato con questa ottica.

Uno dei filoni in cui il sostenismo vuole muovere passi avanti e influenzare l’industria e l’economia è quello del terreno dell’open design. Con open design, così come per open source e open data, si intende una modalità aperta, collaborativa, trasparente e partecipata nel condividere ed elaborare buone pratiche per ribaltare la produzione di massa, frutto della ricerca sviluppata in pochi centri e da poche teste.

Un concetto nuovo di design, che ha trovato terreno fertile in Europa e in India, oggetto oggi di ricerca collaborativa attraverso un progetto di libro aperto sul tema. I promotori del movimento sono convinti che questa sia una delle chiavi di volta per modificare l’approccio alla produzione dei beni di largo consumo, con riflessi immediati e positivi sulla riduzione di emissioni, il minor consumo di risorse e uno stile di vita più sobrio e appagante. Alcuni dei principi guida del sostenismo sono: tutto è interconnesso e indipendente, condivisione come principio guida nel business e nelle relazioni sociali, locale come qualità intrinseca.

Tutto ciò si inserisce in un contesto economico, complice la crisi e l’ascesa del social web, in cui i servizi internet per condividere beni e servizi si moltiplicano e prosperano. Dalla stanza offerta in affitto su AirBnB a nuove startup che facilitano il prestito e lo scambio di utensili e casalinghi poco usati, fino a servizi di car sharing evoluti e convenienti come ZipCar, il consumo condiviso è una tendenza che trova l’interesse degli investitori e dei consumatori allo stesso tempo. Sembra l’uovo di Colombo, ma solo in questi anni, grazie alla diffusione di internet a basso costo e a dispositivi facili da usare, si è raggiunta la massa critica per rendere queste idee realtà profittevoli.

Cosa ci dobbiamo aspettare dall’immediato futuro? Con un telefono da meno di 100 euro e una connessione a internet a pochi euro al mese potremo far fruttare oggetti oggi riposti il più delle volte nel cassetto e ridurre gli acquisti di quanto usiamo poche volte l’anno, con prodotti più in linea con le nostre esigenze, che forse avremo contribuito direttamente a far produrre, grazie a piattaforme di crowdfunding come Kickstarter. Una misura non sarà più per tutte le taglie.


Commenti

È stato inserito 1 commento.

  • Daniele_Sole
    scrive il 12 novembre 2012 alle ore 19:00

    Senza dimenticare il fenomeno in crescita della co-housing, case per uffici o abitazioni in cui però alcuni ambienti sono messi in comune, in modo da suddividere costi, fatiche e fare socializzazione. QUalcuno lo sperimenta, in altra forma, per gli spazi ad uso lavorativo degli uffici, da qualche anno si vuole creare interi isolati abitativi che siano delle macrofamiglie allargate. Qualcosa di meglio dei semplici condomìni, e più facilmente gestibili perchè già si parte con l'idea di convivenza e collaborazione..

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L'autore

Luca Conti

Luca Conti, classe 1975, laureato in Scienze Ambientali apre il suo primo blog nel 2002. Da allora ha avviato uno studio del social web che lo ha portato a collaborare con Nova del Sole 24 Ore, Wired.it e altre testate. Ha scritto per Hoepli Fare Business con Facebook e Comunicare con Twitter, nella collana Web & Marketing 2.0 di cui è curatore. Aiuta le aziende a comunicare attraverso il Web 2.0 e dal 2007 ha collaborato con Rai News 24, Mediaset, Webank, Vodafone, Campari, Banca Etica, Vanksen Group, 90|10 e numerose altre PMI italiane. Esperto dell'evoluzione dei social network è stato intervistato da testate nazionali ed internazionali quali International Herald Tribune, Tg1, Tg3, Repubblica, Corriere della Sera, Il Sole 24 Ore, Panorama, L'Espresso, Time Magazine.


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