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Eco-design, tra arte e sostenibilità | Tekneco

EVOLUZIONI SOSTENIBILI

Eco-design, tra arte e sostenibilità

Quando l’estro creativo trasforma l’idea in realizzazioni che hanno performance ambientali, c’è eco-design. Il passo successivo spetta ai consumatori

Scritto da il 22 giugno 2012 alle 8:15 | 0 commenti

Eco-design, tra arte e sostenibilità

Photo: asterix611


Prodotti di design ma con il cuore verde. Quando il design è sostenibile?  Ne parliamo con Antonia Teatino architetto ed eco-designer.

D:Che cos’è l’eco-design?

R: Si parla di eco-design quando il design è ambientalmente, socialmente e, non ultimo, eticamente corretto e responsabile. Citando Ezio Manzini: “ preferisco parlare di design per la sostenibilità. Tutte le discipline del design possono partecipare attivamente allo sviluppo di adeguate soluzioni che si orientano verso la sostenibilità”.

 D: In che modo viene valutato l’impatto ambientale del prodotto?

R: Esistono metodi e strumenti di analisi del ciclo di vita del prodotto come il Lca (Life cycle Asssment) e il Lcd (Life Cycle Design). La difficoltà è che i dati analitici dell’analisi devono essere trasformati in priorità progettuali. Il principio per valutare l’impatto ambientale  in cui credo maggiormente è il Cradle to cradle, che rappresenta la visione di un ciclo continuo di utilizzo e riutilizzo di materiali senza produzione di rifiuti. Cradle to cradle è un approccio progettuale che regola il rapporto fra azienda e utente, aiutando le  aziende a progettare prodotti che possano essere riciclati all’infinito o che possano tornare in natura perchè biodegradabili al cento per cento. Progettare secondo i principi C2C significa introdurre cicli di  vita di prodotti tendenzialmente senza rifiuti perché ispirati ai sistemi naturali (waste = food).

D:  Che mercato ha in Italia l’ecodesign?

R: Con il decreto legislativo 16 febbraio 2011, n.15,  il governo ha recepito la nuova direttiva europea “sull’eco-design”, la Direttiva 2009/125/CE, che contiene disposizioni sull’immissione sul mercato dei  prodotti connessi al consumo di energia, per ridurne l’impatto ambientale e aumentarne l’efficienza energetica. Così come già in passato aveva assorbito le direttive sul packaging e su altri prodotti di comparti importanti del made in Italy. Il mercato dell’abitare sostenibile è sicuramente in forte espansione, lo dimostrano gli esempi del circuito  Best  Up  del  salone  del  Mobile  di  Milano  che si è appena concluso.  I  giovani  designer  con l’autoproduzione investono sempre di più nel mercato dell’eco-design.

 D:  Quali sono i materiali più utilizzati nel design sostenibile?

R:  I materiali per essere utilizzati nell’eco-design devono avere queste caratteristiche riutilizzabile, biodegradabile,  riciclabile e  non  tossico. La filosofia di fondo è  estendere  la  vita  del  prodotto, rendendolo smontabile, riparabile, durevole (non obsoleto il giorno dopo che è stato messo sul mercato).  Gli obiettivi sono massimizzare l’utilizzo di materie prime naturali reperibili in loco (we are native to our  place);  sfruttare energie rinnovabili (sun = income); fare un uso bilanciato di aria, acqua e suolo evitando  l’impiego di elementi contaminanti e tossici (our air, soil and water are healthy). Secondo il principio Cradle to cradle, dobbiamo proporre un sistema a doppio metabolismo, uno biologico  e l’altro tecnologico. All’interno di questi due metabolismi ogni cosa deve ruotare in circuiti chiusi. Il cibo è un nutriente insieme a molti altri e i rifiuti sono cibo.

 D: Come cambia il concetto di acquisto con l’eco-design?

R: Il design sostenibile deve guardare le persone e le imprese come individui che vogliono contribuire al cambiamento, che sono attente agli acquisti, all’alimentazione sana, al vivere meglio. Oggi si mettono in comune spazi e servizi come il co-housing, si condividono tempo e competenze con formule come le banche del tempo, si condividono beni individuali con servizi come per esempio l’automobile con il car sharing. Tanti altri esempi si possono portare per far capire che i modi di fare acquisto sono cambiati, sono se vogliamo diventati più sostenibili.

 D:   Sussistono particolari limiti o problematiche per chi fa ecodesign in Italia?

R: Il limite per chi fa eco-design è legato al fatto che se le imprese i politici considerano le persone come individui, come entità medie e non come una società che è anche un grande laboratorio di idee, che con i gesti quotidiani, le tradizioni locali portano innovazioni (globali) strategiche da un punto di vista ambientale.

Fare parte di un network internazionale di eco-design come o2 è utile, perché nella rete ci si confronta e si conoscono percorsi internazionali riproponibili a livello nazionale.


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L'autore

Anna Simone

Anna Simone è una Sociologa Ambientale e si occupa di tematiche ambientali dal punto di vista sociale e culturale, contestualizzando quello che succede al posto in cui è successo per comprenderlo, analizzarlo e spiegarlo. È autrice del blog Ecospiragli.


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