Legambiente
Città italiane, c’è poco da sorridere
Il rapporto di Legambiente Ecosistema urbano evidenzia i problemi che assillano i nostri capoluoghi e denuncia la mancanza di una visione globale
Inquinamento, dispersione delle acque, mobilità difficoltosa. Le nostre città sono afflitte da numerosi problemi, più o meno gravi, ma ciò che preoccupa di più è l’assenza di un «piano nazionale che assegni alle città un posto di primo piano nell’agenda politica che superi la frammentazione dei singoli provvedimenti e mostri una capacità politica di pensare un modo nuovo di usare e vivere le città». È l’allarme lanciato dal XXI rapporto Ecosistema urbano di Legambiente, che quest’anno si concentra sulla qualità delle politiche ambientali dei nostri capoluoghi di provincia, per osservare in modo più approfondito quello che l’amministrazione locale fa, o non fa, per migliorare la qualità del proprio territorio.
Dal rapporto – realizzato in collaborazione con l’istituto di ricerche Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore – emerge che le città italiane vanno a tre velocità: «sono lente, lentissime e statiche». Basta guardare ai dati delle prime cinque in classifica: Verbania, Belluno, Bolzano, Trento e Pordenone. Trento ha valori eccessivi di biossido di azoto, Verbania e Belluno perdono un terzo dell’acqua immessa in rete, Pordenone depura poco più della metà dei suoi scarichi fognari. Non è difficile, allora, immaginare qual è la situazione in fondo alla classifica, dove si collocano Agrigento e Isernia, Crotone e Messina, Catanzaro e Reggio Calabria.
È vero che non mancano segnali positivi, come il successo della raccolta differenziata a Milano e Andria, il car-sharing a Roma e Milano, le pedonalizzazioni a Bologna, la mobilità a Bolzano. Ma si tratta di iniziative episodiche e frammentarie: “Nel nostro paese – si legge nel rapporto – prevale un format decisionale che guarda alla città da prospettive parziali, ciascuna delle quali persegue logiche di settore spesso contraddittorie e in reciproca elisione che favoriscono un’incoerente destinazione delle risorse e una perniciosa disorganicità nelle azioni”.
A passarsela meglio sono città medio-piccole, soprattutto del nord Italia. Anche se tra le prime 10 in classifica troviamo ben tre città del centro: Oristano, L’Aquila e Perugia.
Nel complesso, l’inquinamento atmosferico resta ancora a livelli di emergenza, e aumentano le situazioni critiche nei comuni più grandi. Per il biossido di azoto (NO2), Trieste, Milano, Torino e Roma fanno registrare valori oltre i 50 μg/mc. Le politiche urbane sulla mobilità, uno tra i principali fattori di pressione sulla qualità dell’aria, non sembrano ancora portare i risultati sperati. I dati sugli spostamenti in auto e moto, supportati da un tasso di motorizzazione ancora in leggero aumento, mostrano come la diffusione sistematica della mobilità muova (piedi e bici integrati con trasporto pubblico efficiente) sia una realtà ancora lontana.
Continua a calare, per via della crisi economica, la produzione di rifiuti; la raccolta differenziata si attesta in media sul 40,8% (+3,9%), ma ancora con forti differenze nel Paese. Anche il dato sulla dispersione dell’acqua conferma un panorama molto variegato: si passa dall’8% di Foggia al 77% di Cosenza. Ancora oggi in 52 città più del 30% dell’acqua immessa nella rete viene dispersa, in 19 le perdite sono addirittura superiori al 50%. Per la depurazione, in testa alla classifica troviamo 43 capoluoghi in grado di servire più del 95% degli abitanti.
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L'autore
Stefania Marra
Stefania Marra, giornalista professionista dal 1994, è stata per circa dieci anni caporedattrice della rivista Modus vivendi. Dal 2005 gestisce il modulo pratico di giornalismo al Master di comunicazione ambientale (CTS/Facoltà di Scienze delle comunicazioni Università La Sapienza). Scrive soprattutto di storia sociale dell'alimentazione e di ambiente, settore per il quale ha ricevuto diversi premi giornalistici.
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