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Agricoltura e inquinamento, accordo salva-stalle

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Agricoltura e inquinamento, accordo salva-stalle

Ridefinire le zone vulnerabili ai nitrati: lo prevede, in tempi molto brevi, l'accordo tra governo e Coldiretti. “La zootecnia non è la sola responsabile”

Scritto da il 05 dicembre 2014 alle 8:00 | 0 commenti

Agricoltura e inquinamento, accordo salva-stalle

Accordo “salva-stalle” tra Coldiretti e governo. Il protocollo che rivede la definizione delle zone vulnerabili ai nitrati è stato sottoscritto a Milano dal presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo e dai ministri dell’Agricoltura, Maurizio Martina, e dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, nell’ambito del forum “Made in Italy dopo Expo 2015” promosso dal presidente della Coldiretti Lombardia, Ettore Prandini.
Le zone vulnerabili ai nitrati sono territori dove vengono rilasciati composti azotati in acque che risultano già inquinate o che potrebbero diventarlo in conseguenza di tali scarichi. In queste zone è attivo dall’11 novembre il divieto invernale di spandimento degli effluenti zootecnici (liquame, letame e assimilati), dei concimi azotati e degli ammendanti organici nelle aree vulnerabili da nitrati a tutela delle falde acquifere. Il divieto, che prosegue fino all’8 febbraio 2015, è rivolto a tutte le aziende agricole di qualsiasi dimensione e indirizzo, sia con allevamento che senza, ma il calendario e le modalità da rispettare sono diversi a seconda del tipo di effluente zootecnico impiegato, della presenza o meno di copertura vegetale sul terreno e della vulnerabilità delle acque all’inquinamento da nitrati.
Le zone vulnerabili da nitrati – inizialmente designate dalle Regioni per fronteggiare la procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea per l’incompleto recepimento della direttiva comunitaria – risultano pari a circa 4 milioni di ettari, che si concentrano nelle aree di pianura e rappresentano quasi il 31,8 per cento della superficie agricola utilizzabile secondo una mappa vecchia di oltre 20 anni, che rischiava di mettere in ginocchio gli allevamenti del nord Italia (Veneto, Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna) con migliaia di aziende destinate a chiudere e la conseguente perdita di posti di lavoro.
Il piano, che scongiura la chiusura di migliaia di allevamenti, prevede che entro 45 giorni il governo emetta un decreto per la ridefinizione delle zone vulnerabili, dopo il quale le Regioni avranno 30 giorni per disegnare la nuova mappa di gestione degli effluenti da allevamento. Nella nuova classificazione si terrà conto dei carichi derivanti da eventuali fonti di pressione di origine non agricola che possono concorrere a determinare o ad attenuare lo stato di contaminazione.
“Un passo determinante per salvare gli allevamenti italiani e continuare ad assicurare la produzione di salumi e formaggi Made in Italy – ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo -, giustificato dagli studi recenti dell’Ispra che hanno chiarito come il coinvolgimento della fonte zootecnica nelle problematiche ambientali sia del tutto trascurabile o minimo mentre assume un forte rilevanza il contributo di altre sorgenti in particolari minerali”. L’agricoltura ha un impatto di appena il 10 per cento sulle falde, tutto il resto deriva da scarichi industriali e residenziali che si sono moltiplicati per l’espansione urbanistica, sostiene la Coldiretti, mentre ben più preoccupata si mostra Legambiente.
In fase di ridefinizione delle zone vulnerabili si esamineranno anche il livello di inquinamento esistente, la tipologia e la consistenza delle attività svolte nelle aree che risultano compromesse, le possibili fonti di inquinamento, comprese quelle naturali, il rapporto di causa ed effetto tra i diversi fattori, vale a dire, l’individuazione di quanto ciascuno degli elementi (naturali o antropici) incide sull’inquinamento esistente o rischia di aggravarlo e, quindi, la tipologia ed il livello di inquinamento che ogni fonte di pressione è in grado di causare.


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L'autore

Stefania Marra

Stefania Marra, giornalista professionista dal 1994, è stata per circa dieci anni caporedattrice della rivista Modus vivendi. Dal 2005 gestisce il modulo pratico di giornalismo al Master di comunicazione ambientale (CTS/Facoltà di Scienze delle comunicazioni Università La Sapienza). Scrive soprattutto di storia sociale dell'alimentazione e di ambiente, settore per il quale ha ricevuto diversi premi giornalistici.


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