Dumping
Solare, cosa cambierà con i dazi?
Entro il 6 giugno l’Ue dovrebbe emanare le misure protezionistiche sull’importazione di pannelli cinesi. Difficile valutare le conseguenze sulla filiera
Il mercato mondiale del fotovoltaico è destinato nei prossimi giorni a essere rivoluzionato dalle conseguenze del caso dumping: la querelle ha avuto inizio lo scorso settembre, quando la Commissione Europea (su denuncia di un’associazione di produttori comunitari) ha avviato un’indagine sull’importazione di tecnologia fotovoltaica dalla Cina per la vendita di beni a prezzi artificiosamente bassi. In particolare erano sotto esame le importazioni di pannelli fotovoltaici di silicio mono-/poli-cristallino, celle e wafer, avvenute nel 2011 per un controvalore di 21 miliardi di euro.
Dopo mesi di indagini e tante polemiche, a inizio maggio la Commissione europea ha formalizzato la proposta di introdurre dazi provvisori sull’importazione di pannelli cinesi (del 47% in media). Nonostante diversi stati europei siano dichiaratamente contrari a queste misure (Germania, Olanda, Uk), a meno di colpi di scena clamorosi, entro il 6 giugno i dazi provvisori dovrebbero essere emanati e poi potrebbero essere resi definitivi entro dicembre. Pechino, ovviamente, non sta a guardare e il rischio concreto è l’esplosione di una guerra commerciale anche in ambiti diversi da quelli del fotovoltaico.
Quali potrebbero essere gli effetti dell’introduzione di questi dazi? Difficile prevederlo: alcuni analisti si spingono a ipotizzare impatti sui costi dei pannelli nell’ordine del 45%, un aumento tale da scoraggiare il cammino del solare verso la grid parity. D’altra parte si sostiene che, invece, i dazi servirebbero soltanto a ristabilire le condizioni “giuste” di mercato.
Quel che è certo è che negli Usa, Paese che ha introdotti dazi molto severi sui moduli cinesi già nel maggio del 2012, queste misure non hanno frenato l’espansione del comparto né la discesa dei prezzi. Il mercato americano del fotovoltaico, però, è sostanzialmente giovane e ancora ben sostenuto dagli incentivi federali, tutto il contrario di quello europeo, che presenta numeri tendenzialmente in discesa e sostegno statale in diminuzione.
L’impressione è, insomma, che i provvedimenti protezionistici avrebbero avuto un senso due-tre anni fa, quando l’Europa era la dominatrice assoluta del fotovoltaico e, dunque, avrebbe dovuto cercare di proteggere e rafforzare la propria industria del settore. Tutto questo non è accaduto e appare ora difficile rimediare a un errore che ha determinato il sostanziale predominio di Pechino nella fase di produzione dei pannelli.
Inoltre, il business del fotovoltaico mondiale si concentrerà nei prossimi anni soprattutto fuori dal Vecchio Continente, in particolare proprio in Cina (destinata a diventare già nel 2013 il primo mercato mondiale). Dunque, i provvedimenti protezionistici potrebbero avere effetti controproducenti, con le aziende europee del settore escluse definitivamente dalla partita del fotovoltaico asiatico.
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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