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Rinnovabili non fotovoltaiche, i nuovi incentivi saranno al ribasso
Le associazioni protestano contro i tagli dei sussidi previsti nella bozza dell'atteso provvedimento governativo
La scena, in fondo, è già nota. Una bozza di provvedimento normativo arrivata dopo mesi di attesa che non piace al mondo degli operatori delle rinnovabili, che denuncia l’inadeguatezza del provvedimento e le conseguenze per il settore. Il passaggio successivo prevede che, magari con qualche leggera modifica, il contestato provvedimento sia comunque approvato e che – nonostante tutto – alla fine per il mondo delle rinnovabili non arrivi la tanto temuta catastrofe, considerato che l’Italia è già oggi ben oltre gli obiettivi europei al 2020. Tutto questo sta succedendo per il tanto atteso decreto per le rinnovabili non fotovoltaiche, ormai imminente.
Come abbiamo scritto anche in passato, così come accaduto a suo tempo per il solare, per queste tecnologie (eolico, idroelettrico, biomasse) pende la spada di Damocle del raggiungimento del limite di incentivazione di 5,8 miliardi di euro annui. Poiché però, in assenza di sussidi, queste fonti sarebbero destinate a una crescita quasi zero, il Governo si è impegnato a trovare una soluzione, anche se senza impiegare nuovi fondi. In buona sostanza dal conteggio dei 5,8 miliardi sarebbero esclusi gli impianti assegnatari degli incentivi mai entrati in funzione e quelli che dovrebbero progressivamente uscire dal sistema. Si avrebbe così a disposizione un nuovo “gruzzolo” da riassegnare alle rinnovabili non fotovoltaiche. Ma il risultato non piace ad esempio a Legambiente che parla di “Tagli fino al 40% agli incentivi per l’eolico destinati ai piccoli impianti e del 24% per il mini idroelettrico. Stop per l’eolico offshore in Italia. Al contrario, nessun taglio agli incentivi per i rifiuti da bruciare negli inceneritori, che potranno beneficiare di tariffe più alte rispetto a quelle previste per l’eolico. Addirittura per le biomasse bruciate nei vecchi zuccherifici sono previsti 135 MW di nuovi impianti con tariffe garantite per 20 anni e una spesa complessiva di 5 miliardi di euro da pagare in bolletta”. La richiesta, al contrario, è di eliminare i sussidi per gli impianti che non sono alimentati da fonti rinnovabili, come gli inceneritori e i mega impianti a biomasse, e introdurre semplificazioni nella direzione dell’autoproduzione da energie pulite per imprese e cittadini.
Tutto sommato più conciliante è la posizione di AssoRinnovabili, che pur denunciando i tagli ai regimi di incentivazione (anche questo un film già visto in altre occasioni, in realtà), mette in luce alcuni aspetti positivi del provvedimento, come la possibilità di accedere alle tariffe del DM 6 luglio 2012 per gli impianti che entreranno in esercizio entro un anno dall’uscita del nuovo Decreto, il riconoscimento del primo criterio di priorità per gli impianti idonei ma esclusi dai registri precedenti per esaurimento dei contingenti ed, infine, in tema di manutenzioni, la possibilità di utilizzare componenti rigenerati. Resterà da vedere nei prossimi giorni se il Governo accoglierà le istanze del mondo delle rinnovabili, ma l’impressione è che – viste le difficoltà di bilancio – difficilmente ci saranno grandi aperture.
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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