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Legambiente è favorevole al biogas sostenibile | Tekneco

Tekneco #12 – Fonti pulite

Legambiente è favorevole al biogas sostenibile

Secondo l’associazione ecologista la filiera corta rappresenta il criterio fondamentale per valutare l’impatto sull’ambiente di questa fonte energetica

Scritto da il 21 agosto 2013 alle 8:30 | 0 commenti

Legambiente è favorevole al biogas sostenibile

ll biogas, proprio per la crescita impetuosa che abbiamo descritto negli articoli precedenti, è senza dubbio la tipologia di biomassa che incontra in Italia i maggiori problemi di accettabilità sociale. Negli anni scorsi, data l’elevata redditività del biogas garantita dagli incentivi in vigore sino a fine 2012, parecchi investitori, spesso estranei al mondo agricolo, hanno preso in affitto terreni agricoli con l’obiettivo di utilizzare le materie prime a più alto rendimento, ossia gli insilati di colture dedicate: sorgo, triticale e, soprattutto, mais.

Questa scelta aveva dietro una precisa logica economica: se da un metro cubo di liquame suino, infatti, si possono ottenere in media 16 m³ di biogas, da un metro cubo di silomais se ne ottengono quattro volte tanto (68 m³ di biogas). Il rendimento in energia per ettaro del silomais (20-26 MWh/ha) consentiva, con gli incentivi precedenti al nuovo decreto sulle rinnovabili emanato nel luglio 2012, un ricavo lordo annuo di 5.500-7.500 euro/ha, superiore a qualsiasi resa di un utilizzo prettamente alimentare o agricolo.

Questa rincorsa alle più alte rese del silomais ha generato due effetti: l’occupazione delle terre irrigue migliori (con un rilevante uso di acqua) e la lievitazione eccessiva dei canoni di affitto dei terreni agricoli, soprattutto in Emilia, Lombardia e Veneto. La conseguenza è stata la nascita sul territorio nazionale di numerosi comitati locali contrari alla realizzazione degli impianti a biogas, in particolare a quelli di grande dimensione.

Una decisa presa di posizione a favore è però arrivata di recente dall’associazione Legambiente, che nei mesi scorsi ha rilasciato un documento per spiegare le tre buone ragioni per cui gli ecologisti dovrebbero essere favorevoli al biogas. La prima riguarda il contributo che questa tecnologia potrebbe dare alla riduzione dell’utilizzo di risorse fossili, in quanto è una fonte rinnovabile (come tutte le biomasse solide e liquide) non intermittente, che può produrre elettricità per tutto il giorno e tutto l’anno.

In secondo luogo, secondo l’associazione ambientalista, il biogas rappresenta una grande opportunità per l’agricoltura e l’ambiente, nella misura in cui concorre all’integrazione del reddito agricolo, alla valorizzazione dei suoi sottoprodotti che, altrimenti, sarebbero trattati come rifiuti tout court. La terza ragione riguarda la necessità di rilancio nel nostro Paese di politiche organiche per lo sviluppo della produzione di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili, dopo il tramonto del quinto Conto energia fotovoltaico e il taglio degli incentivi alle altre fonti rinnovabili.

Legambiente ammette però come, soprattutto negli ultimi anni, il biogas sia stato anche occasione di iniziative speculative che poco hanno avuto a che fare con l’uso sostenibile delle risorse naturali dei territori e, in alcuni casi, impianti mal gestiti hanno prodotto forti problemi nell’accettazione sociale anche agli operatori più virtuosi. Ad acuire la confusione, poi, si è aggiunta la preoccupazione per la possibile diffusione di batteri patogeni attraverso il ciclo del digestato e lo spargimento sui suoli del compost di qualità da esso prodotto.

Eppure, evidenzia il documento dell’associazione, il biogas presenta una serie di punti di forza, tra cui l’elevato rendimento energetico (per esempio rispetto a caldaie e motori a olio vegetale) ed elettrico rispetto al consumo totale di energia (35-40%) e per ettaro coltivato. Questa risorsa energetica, poi, è in grado di valorizzare i residui che altrimenti verrebbero trattati come rifiuti e che spesso sono una grave fonte di inquinamento.

Diversamente dalle altre bioenergie, il biogas può essere trasformato in biometano ed essere immesso nella rete del gas o utilizzato come carburante nei trasporti in sostituzione del metano di origine fossile. Il metano da biogas, infatti, è oggi l’unico biocarburante che può consentire all’Italia di raggiungere l’obiettivo del 10% di carburanti alternativi al 2020 nel settore trasporti, imposto dalla direttiva Ue sulle fonti rinnovabili e su cui il nostro Paese è in forte ritardo.

Perché ci siano realmente questi benefici senza impatti per l’ambiente, secondo il punto di vista di Legambiente, il biogas dovrebbe svilupparsi secondo logiche di filiera corta, adattandosi alle risorse e ai sottoprodotti disponibili localmente. La distinzione, insomma, non è tra grandi e piccoli impianti, tanto che anche la produzione di biogas industriale non è bocciata tout court. L’importante, in questo caso, è che i residui del processo di digestione anaerobica/raffinazione siano sottoposti a post-trattamenti come il compostaggio, se la materia prima è costituita da rifiuti (le elevate temperature riducono ulteriormente la presenza di agenti patogeni), oppure a interventi che conservino gli elementi nutritivi presenti nel digestato (come essiccazione o stripping dell’ammoniaca), così da ottenere ammendanti e fertilizzanti utili all’agricoltura.

Per quanto riguarda il biogas agricolo, Legambiente esprime la sua preferenza per impianti di taglia ridotta (alcune centinaia di kW), ma non esclude neanche potenze superiori, nel caso di cooperative o consorzi di agricoltori che si associano per gestire nel modo più efficiente la filiera del biogas. Il primo criterio del biogas sostenibile, piuttosto, è che le materie prime derivino principalmente dal fondo di proprietà del gestore e che la loro produzione sia fatta in integrazione e non in sostituzione della produzione agricola tradizionale.

In generale è ritenuto corretto privilegiare l’uso di scarti provenienti dalle colture o dagli allevamenti aziendali (stocchi di mais, pula, paglia, sfalci, potature, effluenti zootecnici) e di sottoprodotti del ciclo agricolo tradizionale (es. siero di latte, sansa, residui della vinificazione), ma anche le colture dedicate sono valutate come virtuose, a determinate condizioni (avvicendamento con produzioni alimentari o utilizzo di terreni agricoli abbandonati o marginali).

Altrettanto importante è il recupero del calore prodotto dalla cogenerazione a biogas che, in minima parte, è utilizzabile per riscaldare il digestore. È però fondamentale prevedere, in fase di progetto, un impiego concreto di una quota del calore restante per il riscaldamento di edifici e locali o, eventualmente, di altri impianti di lavorazione. Per quanto riguarda il sospetto che la digestione anaerobica e il successivo spandimento del digestato sui terreni possano favorire lo sviluppo di microrganismi dannosi per la salute umana o per produzioni alimentari di pregio, il documento di Legambiente è abbastanza netto, ritenendolo come “senza fondamento” scientifico.

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L'autore

Gianluigi Torchiani

Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili


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