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La via italiana per il "mini" solare termodinamico | Tekneco

La via italiana per il “mini” solare termodinamico

Parte lo storico progetto di Priolo Gargallo. Aziende, startup e istituti di ricerca puntano su piccoli impianti da un megawatt. A partire dalla tecnologia "a concentrazione"

Scritto da il 26 luglio 2010 alle 7:00 | 2 Commenti

La via italiana per il “mini” solare termodinamico

Photo: Fonte: Fera


L’avvio della centrale solare termodinamica dell’Enel a Priolo Gargallo accende i riflettori sulla ricerca italiana per impianti di piccole dimensioni. In Europa la potenza standard raggiunge in genere circa 50 megawatt, come nel caso de “La Florida” appena inaugurata ad Alvarado, in Spagna. La struttura di Priolo ha una potenza di 5 megawatt: è l’unica al mondo ad utilizzare tubi che accumulano calore attraverso sali fusi (con una composizione simile ai fertilizzanti agricoli) con tecnologia a ciclo combinato.

Ma l’Italia è un laboratorio di sperimentazione per il termodinamico di taglia ridotta, soprattutto fino a un megawatt. A differenza del fotovoltaico, si tratta di sistemi in grado di accumulare calore e rilasciarlo in modo pianificato nel tempo. Il progetto FREeSuN, per esempio, riunisce aziende e istituti di ricerca per fabbricare un prototipo “a concentrazione” (csp, “concentrated solar power”). Non utilizza grandi collettori parabolici, ma i piccoli specchi Fresnel, installati a poche decine di centimetri dal terreno: si estende su 60 metri e ha una superficie di mille metri quadrati. Secondo i membri di FREeSuN, è una tecnologia più economica e riproducibile, adatta a una nazione che non ha grandi superfici per ospitare campi solari, come la Spagna o la California.

La conclusione della fase di sperimentazione è prevista per l’anno prossimo, ma il primo getto di vapore per valutarne l’efficienza sarà tra pochi giorni. Capofila dell’iniziativa è Fera (Fabbrica energie rinnovabili alternative), impegnata nella progettazione del “mini” termodinamico italiano. A fornire gli specchi è Xeliox, in collaborazione con Almeco: sono integralmente in alluminio, infrangibili e resistenti alle intemperie meteorologiche. “La principale differenza è nella riflessione speculare: con l’alluminio è del 90%, nel caso del vetro è del 93-94%. Per il resto le prestazioni sono identiche”, dice Marco Vettori, direttore generale di Xeliox. L’azienda bergamasca, inoltre, ha integrato le due tecnologie attraverso superfici in alluminio ricoperte da uno strato di vetro spesso un millimetro, quasi un foglio di carta.

La sfida per la progettazione e la costruzione di impianti termodinamici di piccole dimensioni è in corso. In Sardegna una startup, Elianto, ha fabbricato il prototipo di un struttura Csp da un megawatt: la ricerca è stata portata avanti in collaborazione con il Csr4 di Cagliari. L’azienda ha elaborato all’interno algoritmi matematici per migliorare l’efficienza energetica degli specchi Fresnel. L’impianto utilizza olio diatermico e raccoglie il calore in serbatoi: sono possibili applicazioni anche in agricoltura. Inoltre è automatizzato e può essere gestito a distanza: una caratteristica che facilita la prospettiva di un’integrazione con la rete dei produttori di energia elettrica.

Biosolar di Flenco Group, invece, ha installato i primi due impianti a Mathi Canavese e nel centro sperimentale Enea di Alessandria. Il calore è accumulato attraverso sali fusi: a differenza di altri progetti, viene utilizzato un singolo serbatoio e non adotta specchi Fresnel. Un modulo base (72 metri quadrati di specchio) può arrivare a un megawatt/ora termico ed è in grado di generare energia per ventiquattro ore. È possibile un’integrazione con le biomasse. “Pensiamo di rivolgerci soprattutto ai paesi in via di sviluppo dove non esiste una rete elettrica”, sottolinea Alessandro Daneu, amministratore delegato di Biosolar.

E proprio nelle nazioni emergenti, in aree in cui le infrastrutture sono carenti, il solare termodinamico avrebbe applicazioni per la dissalazione delle acque. È un settore che attira investimenti: lo scorso gennaio Siemens ha aumentato dal 28% al 45% la sua quota nella joint venture Archimede Solar Energy (l’altro partner è Angelantoni Industrie) per intensificare gli investimenti nello stabilimento di Massa Martana nella produzione di tubi ricevitori solari.


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L'autore

Luca Dello Iacovo

Giornalista freelance, collabora con "Nòva-Il Sole 24 Ore". Segue l'evoluzione del mondo di internet e le frontiere della sostenibilità.


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