Fonti alternative
Fotovoltaico: nel 2011 messo alla prova
Gli operatori hanno affrontato una riduzione dei margini rispetto al 2010 e il ricorso alla cassa integrazione. La sfida ora è lavorare con i “piccoli”
Photo: flickr.com - asiandevelopmentbank
Nonostante le difficoltà, la filiera del fotovoltaico nazionale è attiva e capace di adattarsi alle condizioni del mercato. La conferma arriva dall’analisi del Solar Energy report 2012 dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano. Dopo un 2010 di crescita e consolidamento, il 2011 è stato invece un anno complesso per le imprese attive nel fotovoltaico italiano. La causa è da ricercare nella modifica dei meccanismi incentivanti, nonché nella massiccia importazione di prodotti a basso costo dall’Asia, la quale ha comportato un sensibile calo dei prezzi nei principali segmenti di mercato. La combinazione di questi due fenomeni ha determinato una riduzione dei margini di guadagno per quasi tutte le aziende.
C’è da sottolineare come il fotovoltaico continui a esercitare grande fascino presso gli imprenditori, tanto che il numero complessivo di imprese della filiera è aumentato del 6% tra 2009 e 2010. Parecchie aziende straniere, inoltre, hanno deciso di inaugurare filiali commerciali nella Penisola, aumentando così le ricadute positive per il territorio. Il report del Politecnico sfata (in buona parte) il luogo comune di una filiera completamente in mano alle imprese straniere. Questa affermazione trova confema soltanto per le attività più industriali: ad esempio il silicio e wafer commercializzati in Italia sono quasi interamente di fabbricazione estera, così come il Made in Italy copre soltanto il 14,7% del valore delle celle e moduli venduti lo scorso anno. I produttori italiani hanno patito l’aggressiva concorrenza asiatica e il drastico calo dei prezzi: così, in maniera più o meno marcata, tutti hanno dovuto interrompere o diminuire i turni produttivi, facendo anche ricorso alla cassa integrazione per sopperire alla mancanza di ordini e commesse (le linee sono state sfruttate appena al 50%). L’andamento e le scelte strategiche del 2012, prevede il Politecnico, potrebbero essere fondamentali per la sopravvivenza di una filiera industriale Made in Italy. Le aziende tricolori, invece, dominano ancora (oltre il 70%) il giro d’affari dei settori a valle a maggiore ricaduta occupazionale, ossia la distribuzione e la progettazione/installazione, nonostante un’accresciuta concorrenza di operatori tedeschi e spagnoli. Si tratta delle aree di business che presentano le marginalità più basse della filiera e che, nel 2012, dovranno affrontare il sostanziale fermo degli impianti di grandi dimensioni. La vera sfida per tutti gli operatori del solare italiano del settore appare infatti questa: dimostrare di essere capaci di vendere i propri prodotti e competenze anche a comuni cittadini e piccole imprese. Con il prossimo quinto Conto energia, infatti, i grandi impianti su cui tutte le aziende si erano specializzate in passato saranno sempre più difficili da costruire. Gli operatori dovranno imparare a gestire una miriade di piccole commesse disseminate sul territorio. Non a caso si sta da tempo assistendo a nuove alleanze e alla nascita di reti nazionali di installatori e manutentori. La selezione e la razionalizzazione, insomma, sono le strade obbligate da seguire per la filiera del fotovoltaico post boom.
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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Dario Santocanale
scrive il 07 settembre 2012 alle ore 12:45
Con i cositi per realizzare una filiera completa, le tasse ed il fatto che non abbiamo materia prima, per i produttori italiani fare i moduli a partire dalla materia prima è davvero un dramma. Almeno siamo molto forti nell'installazione e la progettazione...