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L’elettricità è per metà rinnovabile | Tekneco

Sistema energetico

L’elettricità è per metà rinnovabile

A giugno 2013, confermano i dati di Terna, il 50,2% della produzione nazionale è stato assicurato dalle fonti pulite. In difficoltà, invece, il termoelettrico tradizionale

Scritto da il 10 luglio 2013 alle 8:30 | 0 commenti

L’elettricità è per metà rinnovabile

L’elettricità italiana è sempre più verde: nello scorso mese di giugno, secondo i dati Terna, le fonti pulite (definizione che ricomprende anche l’idroelettrico tradizionale) hanno generato il 50,2% dell’elettricità italiana, coprendo il 44,3% della domanda nazionale (una parte dell’energia è infatti importata dall’estero per ragioni  economiche). Questo significa che in appena un anno, confrontando giugno 2012 con lo stesso mese del 2013, la quota delle fonti rinnovabili sulla produzione netta è passata dal 38,2% al 50,2%, mentre i consumi complessivamente sono diminuiti del 6,2%.

Così mentre fotovoltaico, eolico e idroelettrico hanno fatto registrare livelli record di produzione, la produzione termoelettrica è crollata (-22,8%), con impianti a gas e – dato parzialmente inedito – anche a carbone, in netto calo. I dati di giugno confermano una tendenza registrata finora lungo tutto il primo semestre del 2013. Il comparto termoelettrico ha registrato una contrazione del 16,3%  mentre idroelettrico (+37,9%), eolico (+31,4%) e fotovoltaico (+15,2 %) sono cresciute significativamente, rappresentando il 41% della produzione nazionale (+9,6% rispetto al 2012). Addirittura lo scorso 16 giugno le rinnovabili hanno coperto la totalità del fabbisogno nazionale, azzerando per due ore il costo dell’elettricità.

L’episodio non è certamente casuale: come spiega l’Aper, nelle sessioni di Mgp (Mercato del giorno prima), organizzato in Italia secondo il criterio dell’ordine di merito economico e con valorizzazione dell’energia all’offerta marginale, le fonti rinnovabili in generale, ed eolico e fotovoltaico in particolare, che hanno costi marginali di produzione pressochè nulli (la materia prima Sole e vento non costa), stanno spiazzando dalla curva di offerta gli impianti tradizionali, riducendo così il prezzo dell’energia nelle ore diurne.

Tutto questo non fa che mandare in panico le utility nazionali, che vedono compromessi gli ingenti investimenti effettuati negli impianti fossili appena pochi anni fa. Il ministero per lo Sviluppo economico, per evitare danni peggiori e mantenere in vita centrali che servono a mantenere in stabilità il sistema elettrico nazionale, sta approntando un piano di sussidi per il settore termoelettrico pari a 400-500 milioni di euro all’anno, nei prossimi tre anni, che dovrebbero arrivare a 1,5-2 miliardi all’anno dal 2017.  I cui costi, ovviamente, ricadrebbero sulle tasche dei contribuenti elettrici.


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L'autore

Gianluigi Torchiani

Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili


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