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Biomasse, l'intervista al prof. Baratieri ideatore del progetto GAST

intervista

Biomasse, la sfida è rendere economica la filiera corta

Il progetto GAST è stato sviluppato dall’équipe di ricercatori diretta dal prof. Marco Baratieri della Libera Università di Bolzano

Scritto da il 09 marzo 2016 alle 10:00 | 0 commenti

Biomasse, la sfida è rendere economica la filiera corta

Uno studio della Libera Università di Bolzano suggerisce che i piccoli impianti di gassificazione potrebbero essere una soluzione energetica alternativa cui ricorrere in ambito locale – soprattutto montano, per la disponibilità di biomassa legnosa – quando l’obiettivo è raggiungere alta efficienza energetica e minimizzare l’impatto ambientale in termini di emissioni di gas serra. La ricerca GAST – che sta per Gasification experiences in South Tyrol: energy and environmental assessment, ovvero Esperienze di gassificazione in Alto Adige: valutazione energetica e ambientale ndt. – è stata svolta dal 2013 al 2015 dall’équipe di ricercatori diretta dal prof. Marco Baratieri (nella foto), responsabile del laboratorio “Bioenergy & Biofuels” e docente di Fisica Tecnica Industriale alla Facoltà di Scienze e Tecnologie che abbiamo intervistato.

Perché nasce l’idea del progetto Gast e in cosa consiste?

L’idea del progetto GAST nasce nel 2012 nel corso di una serie di visite tecniche ad alcuni impianti di gassificazione che, al tempo, erano stati da poco installati nella provincia di Bolzano. In quell’occasione ci si era resi conto che l’Alto Adige, con un significativo numero di impianti autorizzati o in corso di autorizzazione, offriva un´irripetibile possibilità di avere un vero e proprio “laboratorio a cielo aperto” nel quale effettuare un’indagine mai condotta prima. Si tratta infatti di un’analisi comparativa di diverse tecnologie che si affacciano su un mercato relativamente giovane, quello della gassificazione. Infatti, benché tale processo sia noto da tempo, fino a qualche anno fa non erano disponibili sul mercato tecnologie che potessero effettivamente assicurare un funzionamento efficiente e continuativo a taglie medio-piccole. Nel progetto GAST ci si è quindi posti come obiettivo l´analisi oggettiva dell’effettivo funzionamento degli impianti di gassificazione di piccola scala disponibili sul mercato. Questo, non tanto con l’ottica di identificare la tecnologia migliore ma piuttosto con la finalità di ottenere una panoramica aggiornata e reale dell’attuale stato dell’arte di questa tecnologia.

Chi vi ha partecipato?

I partner dell’Università di Bolzano sono stati: Eco Research, Tis Innovation Park e il Consorzio di ricerca Record di Firenze.

Che riscontro ha avuto da parte degli studenti ricercatori?

Sia ricercatori che dottorandi hanno partecipato attivamente alla campagna di misura: rielaborazione dati e molte rilevazioni sono state effettuate anche con il loro contributo, inoltre il progetto ha avuto qualche riflesso sugli elaborati di tesi di alcuni studenti di master. Sono fiero di dire che GAST ha avuto anche una buona valenza didattica.

Qual è la soluzione ideale un migliore impatto ambientale nella produzione di energia nei centri abitati?

Il modello energetico che viene proposto con gli impianti di gassificazione di piccola scala è basato sulla generazione distribuita sul territorio, in modo da non centralizzare né produzione di energia, né emissioni di inquinanti. Il modello vale per utenze singole di dimensioni significative o per micro-reti di teleriscaldamento. Otre alla decentralizzazione delle emissioni di inquinanti, questo tipo di impianti ne favorisce il controllo in quanto – trasformando il legno solido in gas – garantisce l´accesso a tecnologie di conversione più efficienti, quali i motori a combustione interna.

Il territorio alpino ha delle caratteristiche vantaggiose per questo genere di interventi?

Sì dal punto di vista del combustibile, siamo infatti circondati da boschi e dunque la filiera, se ben progettata, può essere davvero molto corta. Si tratta di biomassa a “kilometro zero” per dirla con i termini in voga.

Qual è il follow up del progetto?

Ci stiamo già lavorando e stiamo conducendo una ricerca sui residui dei gassificatori. Ciò che resta è infatti un residuo solido chiamato char, si tratta di carbonella per intenderci, e smaltirla significa costi in più per il gestore. Noi stiamo analizzando vie alternative per riutilizzarlo come materiale filtrante nello stesso processo di gassificazione e abbiamo già presentato due nuove proposte di ricerca su questo tema. Parallelamente, la ricerca sulle tecnologie di gassificazione, viene svolta già in seno al nuovo Parco Tecnologico di Bolzano grazie a un Accordo Programmatico tra la Provincia e Università che prevede questi temi nell´ambito delle ricerche individuate come strategiche sotto la voce energia.

In che modo si dovrebbe favorire l’utilizzo delle biomasse? E perché?

Innanzitutto si dovrebbe favorire l’utilizzo delle biomasse locali, in modo da evitare il trasporto del materiale soprattutto su gomma, (anche quelle sono emissioni) e favorire la filiera corta. La sfide sono molte, ma di certo la prima è di rendere economica l’estrazione della biomassa dai boschi. Dal punto di vista impiantistico invece credo si debbano sempre usare le migliori tecnologie disponibili, in modo da sfruttare al massimo il contenuto energetico della biomassa che abbiamo a disposizione.


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L'autore

Eleonora L. Moscara

Eleonora L. Moscara, freelance leccese. Inizia a lavorare come giornalista nel 2008 nella redazione tg di un'emittente televisiva locale. Fino ad oggi ha collaborato con diverse testate: dalla carta stampata al web e uffici stampa di vario genere. Si occupa prevalentemente di ambiente e cultura. Scrive sul Nuovo Quotidiano di Puglia e sulla rivista Salento Review. Per Tekneco coordina la redazione web e si occupa della gestione del social media management.


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