Intervista a Simone Togni
Aste: oltre la metà dei progetti eolici vincenti non è mai stata costruita
Secondo il presidente di Anev, Simone Togni, molti di questi progetti sono di operatori che non hanno i mezzi sufficienti per portarli avanti
l sistema di incentivazione per l’eolico non sta funzionando, tanto che buona parte degli impianti risultati aggiudicatari degli incentivi in realtà non sono mai stati costruiti. E all’orizzonte si profila la fine definitiva delle risorse. Non stupisce dunque che, ormai da tempo, l’energia del vento in Italia stia vivendo un momento di grande difficoltà. Ne abbiamo parlato con Simone Togni, presidente di Anev, la principale associazione di categoria.
Avete recentemente messo in evidenza che buona parte dei progetti vincitori delle aste 2012 e 2013 non hanno neppure iniziato a essere costruiti. Quali sono i numeri e cosa ha determinato questa situazione?
Come emerge da uno studio effettuato dall’ANEV nell’asta 2012 il 46% dei MW risultati vincitori e quindi aggiudicatari dell’incentivo, non sono ancora in costruzione. Dei 442 MW ammessi infatti solo 217 MW sono in esercizio (49%) e 22 MW (5%) in costruzione. Destano ulteriore preoccupazione i dati relativi all’asta 2013, che evidenziano come nessuno degli impianti ammessi, 465 MW, risulti in esercizio e solo 113 MW (25%) in costruzione. Ciò evidenzia quindi come ci siano ad oggi 346 MW (75%) aggiudicatari dell’asta dello scorso anno che sono praticamente in una situazione di stallo. Aggregando i dati relativi ai due anni quindi emerge che per 550 MW su 907 MW (61%) non sia stata ancora posata la prima pietra e solo 16 impianti su 36 allo stato attuale siano destinati a produrre energia.
Confermate invece che anche le aste 2014 sono andate male?
I risultati evidenziano come ci sia stato un progressivo innalzamento dei livelli di sconto che renderà presumibilmente irrealizzabili gran parte degli impianti in graduatoria (356 MW totali a bando). Purtroppo la necessità di abbreviare i tempi di realizzazione ed entrata in esercizio degli impianti a cui si aggiunge il ritardo nell’emanazione delle regole che governeranno lo sviluppo delle rinnovabili per il periodo post 2015, ha obbligato la gran parte degli operatori a forzare la mano sulle offerte, tanto da avere sconti anche molto spinti, accentuando per questa sessione il rischio di non veder realizzati gli impianti vincitori anche se supportati da garanzie fideiussorie bancarie.
L’offshore conferma la tendenza, registrata negli anni passati, con aste pressoché deserte?
Purtroppo per l’offshore in Italia i tempi non sono ancora maturi, ci sono ancora molti vincoli da superare primo tra tutti l’aspetto burocratico con procedimenti, già di per sé lunghi e farraginosi, che a seguito delle rimostranze degli organi regionali, che si basano principalmente su inesistenti timori di possibili impatti paesaggistici, decadono irrimediabilmente; per passare poi a problematiche di natura manutentiva, che però, presumibilmente, verranno bypassate con l’avvento delle nuove tecnologie impiantistiche, fino ad arrivare alle problematiche di connessione alla rete. Da questo punto di vista un nuovo auspicato impulso è venuto dal decreto attuativo del 6 luglio 2012, che pur tanti danni ha fatto al settore delle rinnovabili, che prevede che le opere di connessione, a mare, per impianti eolici offshore siano considerate come infrastrutture appartenenti alla rete nazionale e che qualora l’operatore volesse realizzarle a proprie spese si vedrebbe riconosciuto un surplus sulla tariffa spettante pari a 40 euro a MWh.
Il basso prezzo dell’elettricità rappresenta un ostacolo alla realizzazione dei parchi eolici? E i problemi più generali del credito?
Le problematiche di realizzazione degli impianti eolici è slegato dal prezzo dell’energia visto che l’attuale sistema di incentivazione prevede una tariffa premio come differenza tra il prezzo dell’energia elettrica e il valore definito, quindi la fluttuazione del prezzo è ininfluente per la remunerazione del singolo MWh. Discorso diverso invece per i finanziamenti; la tendenza infatti è quella di privilegiare investimenti in settori contraddistinti da una maggiore stabilità, negli ultimi anni infatti le modifiche contenute nelle norme emanate per l’eolico hanno completamente stravolto, sovente anche in maniera retroattiva, il sistema di remunerazione dell’energia con la conseguenza per gli operatori eolici di essere gravati da vincoli più stringenti per l’accesso al credito.
C’è stata quella auspicata selezione delle offerte più competitive che era l’obiettivo principale del sistema di aste?
Questo è sicuramente uno dei punti da quali ripartire, sicuramente questo meccanismo risulta premiante per quegli impianti con maggiore efficienza di produzione ma contiene comunque delle criticità, la prima delle quali si è manifestata nell’ultima sessione, ovvero la presenza tra gli ammessi di numerose società all’apparenza slegate dal mondo degli operatori industriali dell’eolico e presumibilmente riconducibili a sviluppatori che non hanno mezzi economici e tecnici o conoscenze specifiche del settore da consentire loro di realizzare autonomamente un impianto e che quindi alimenterebbero il cosiddetto mercato delle autorizzazioni che in qualche modo andrebbe regolato.
Avete timore di un rapido esaurimento delle risorse Gse per le rinnovabili non fotovoltaiche? Che sistema incentivante proponete per il futuro dell’eolico?
Il problema dell’esaurimento delle risorse messe a disposizione dal GSE purtroppo c’è e risulta necessario porvi rimedio. La quota residua rimane esigua ma le risorse disponibili dal nuovo anno derivanti dal termine della fase di incentivazione di vecchi impianti a cui si aggiunge un aumento del prezzo dell’energia (come detto in precedenza nelle tariffe feed-in premium, la variazione del prezzo dell’energia viene compensata con la quota incentivo), fanno ipotizzare che si potrà ancora andare avanti per un po’. Inoltre dai calcoli effettuati calcolando i costi delle nuove aste (per l’eolico solo 15 Milioni di euro all’anno) e levando i costi degli incentivi che iniziano a scadere il saldo dovrebbe già dal prossimo anno far discendere il contatore ben al di sotto dei 5,8 Miliardi previsti. Urge comunque al più presto un intervento del ministero per stabilizzare il prossimo futuro delle rinnovabili non fotovoltaiche. Per quanto riguarda il sistema delle aste competitive, invece, bisogna correggere tempestivamente le cose che non hanno funzionato, ed in particolare ridurre al massimo la “sindrome del vincitore”, cioè il fatto che pur di risultare vincitori alcuni partecipanti si spingano a formulare offerte poi insostenibili economicamente. Da questo punto di vista la strada migliore è di elevare l’asticella della maturità dei progetti, oltre che selezionare meglio i proponenti in modo da avere iniziative tecnicamente valide e soggetti affidabili. Infatti consentendo la partecipazioni solo ai progetti cantierabili (escludere ad esempio la possibilità di partecipazione con la sola VIA) darebbe maggiore certezza e minore tempo necessario alla realizzazione delle iniziative. Poi sembra indispensabile rendere operativo il meccanismo di scorrimento della graduatoria che oggi è inapplicabile se non dopo 42 mesi (quindi mai).
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L'autore
Gianluigi Torchiani
Giornalista classe 1981, cagliaritano doc ormai trapiantato a Milano dal 2006. Da diversi anni si interessa del mondo dell’energia e dell'ambiente, con un particolare focus sulle fonti rinnovabili
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