edilizia e mercato
L’amministratore di condominio 2.0? Il building manager
L’evoluzione della figura dell’amministratore di condominio verso un nuovo ruolo manageriale potrebbe apportare sensibili vantaggi economici
Photo: wikimedia / pixabay
20 miliardi di euro. È questo il valore aggiunto stimato che ogni anno si potrebbe generare per l’immobile, i condomini, i professionisti, e l’economia con il passaggio da una mera “amministrazione” degli immobili alla “gestione” degli stessi e dei servizi integrati.
Il dato è stato evidenziato da Groma, società di gestione e servizi integrati per il patrimonio immobiliare fondata nel 1987 dalla Cassa italiana di previdenza e assistenza dei geometri liberi professionisti (Cipag). L’occasione per presentarlo: il convegno “Building manager: l’evoluzione dell’amministratore di condominio” organizzato ieri a Milano.
L’evento ha offerto spunti utili a comprendere meglio l’evoluzione della figura dell’amministratore di condominio verso quella del building manager, un professionista che, oltre a svolgere un’attività di amministrazione, offre servizi integrati agli utenti con elevate potenzialità di sviluppo per “l’economia del condominio”. Basti considerare che già allo stato attuale il valore delle spese classiche condominiali quali ristrutturazioni, riqualificazioni e manutenzioni ordinarie raggiunge l’1% del prodotto interno lordo, equivalente a 15 miliardi di euro circa. Da qui la previsione che il passaggio da una mera “amministrazione” degli immobili alla “gestione” degli stessi e dei servizi integrati possa creare un sensibile valore aggiunto per l’immobile, i condomini, i professionisti, e l’economia, ma anche vantaggi della “gestione professionale” per i soli clienti: si calcola una riduzione del 10% del bilancio ordinario e un incremento del 10% del valore dell’immobile.
A questi vantaggi stimati da Groma c’è anche da considerare che la riforma del condominio del 2013, ha di fatto innescato effetti significativi in termini di innovazione del quadro generale, ma l’evoluzione è tuttora in corso: come segnalato in una nota di Groma, “è prevedibile, infatti, che nei prossimi anni i 260.000 amministratori non professionisti abbandonino il ruolo per le enormi responsabilità ed incombenze che la riforma ha introdotto. In Italia i condomini sono circa 1 milione e per i 40 mila professionisti si aprono enormi possibilità, che però non possono prescindere dalla professionalità, l’organizzazione, l’offerta strutturata di servizi, l’innalzamento degli standard qualitativi”. All’estero esistono già consolidate società di capitali, multinazionali, consorzi che offrono servizi integrati di ogni genere.
Come ha illustrato il direttore generale di Groma, Vincenzo Acunto, «I margini di crescita in questo settore sono enormi e l’Italia non può perdere l’occasione. È necessario che i professionisti aderiscano al network, perché è necessario presentarsi con organizzazioni strutturate in grado di competere con i concorrenti esteri, ma anche offrire servizi ad un numero di utenti elevato. Questo settore non sarà più ad appannaggio dei singoli, ma solo di network strutturati”, ha concluso.
Concorda con l’opportunità anche Fausto Amadasi, presidente Cipag: «L’Italia non può perdere questo treno. È un’occasione importante che può avere ricadute positive per l’occupazione, per gli utenti, nel mercato immobiliare, come anche nei consumi e per l’economia in generale».
Per il momento, come detto, siamo ancora in fase di sviluppo in Italia, ma le potenzialità della figura del building manager in grado di gestire e sviluppare il “pil del condominio” aprono davvero a potenzialità significative.
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L'autore
Andrea Ballocchi
Andrea Ballocchi, giornalista e redattore free lance. Collabora con diversi siti dedicati a energie rinnovabili e tradizionali e all'ambiente. Lavora inoltre come copywriter e si occupa di redazione nel settore librario. Vive in provincia di Milano.
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