intervista
La ricerca lavora a edifici europei più efficienti
Roberto Fedrizzi spiega il progetto di ricerca europeo iNSPiRe, che ha analizzato il patrimonio edilizio UE e ora studia soluzioni per ridurre i consumi
Photo: Pixabay
Energivori e inefficienti. Così appaiono gli edifici europei nella “fotografia” scattata dal team di ricercatori coordinati dall’Istituto per le Energie Rinnovabili dell’EURAC (con sede a Bolzano), che si è posto l’obiettivo di testare le condizioni del patrimonio immobiliare di 27 paesi comunitari. Tra i dati raccolti, il più eloquente è che gli edifici in Europa sono responsabili del 40% del consumo di energia. A pesare maggiormente sono i consumi causati dal riscaldamento, responsabile di circa due terzi del totale; le abitazioni incidono molto più degli uffici, visto che occupano oltre il 90% degli edifici.
La ricerca si sviluppa nell’ambito del progetto comunitario iNSPiRe, finanziato dal 7° Programma Quadro, che intende proprio fare luce sul parco immobiliare esistente per capire poi quali strumenti, soluzioni tecniche e politiche adottare per migliorare e rendere più efficiente quanto già costruito. E questo efficientamento passa dalla volontà UE di un’estesa ristrutturazione che punti a un significativo risparmio energetico: l’intenzione è ridurre il consumo di energia primaria di un edificio a meno di 50 kWh/m2/anno.
«Si tratta di un progetto finanziato con 8 milioni di euro e a cui partecipano 24 partner», spiega Roberto Fedrizzi, responsabile del progetto iNSPiRe e coordinatore del gruppo di ricerca sui sistemi termici all’Istituto per le Energie Rinnovabili dell’Eurac. A lui domandiamo di illustrarci scopi e finalità della ricerca.
Quali sono i presupposti da cui siete partiti?
«Alla base della ricerca vi è la consapevolezza dell’Unione Europea che la velocità di risanamento del parco edilizio residenziale e ad uso uffici è ancora troppo basso, nell’ordine dell’1-1,5% annuo; inoltre le misure di efficientamento energetico sono modeste. Si potrebbe fare quindi molto di più per puntare su un risparmio energetico del 50-70% lavorando in maniera sistemica sia sull’involucro sia sugli impianti termici, comprendendo anche i sistemi di illuminazione. L’intenzione è, da un lato, di velocizzare il processo di risanamento e, dall’altro, di lavorare su soluzioni ad ampio spettro».
Su quali aspetti lavora il team di ricerca?
«Da una parte il progetto mira a produrre pacchetti di ristrutturazione sistemici che possono essere applicati a edifici residenziali e terziari per ridurre sensibilmente i consumi. Tali misure comprendono l’isolamento e nuove finestre ma anche sistemi di ventilazione forzata e di riscaldamento/raffrescamento dell’edificio. In questo momento stiamo studiando una serie di combinazioni ottimali, attive (come, appunto, l’installazione di sistemi termici e di ventilazione) e passive (come l’isolamento e la sostituzione di finestre) in funzione del clima, della tipologia edilizia. Puntiamo così a interventi tali da minimizzare il costo e massimizzare la prestazione energetica».
Dalla vostra attività di raccolta dati, quali differenze si notano, a livello di consumi, tra i vari Paesi e quali sono quelli più attenti all’efficienza energetica?
«Nonostante climi diversi, i consumi per il riscaldamento non variano in modo considerevole tra Stati del nord Europa e dell’area mediterranea. Inoltre non esistono Paesi molto più avanti degli altri: il dato medio di consumo degli edifici residenziali europei di 140 chilowattora per metro quadro all’anno per il riscaldamento è abbastanza uniforme. Certo, esistono realtà che si sono attivate prima nel processo di risanamento del parco edilizio costruito, in particolare Germania e Svezia. Nel paese svedese, in particolare, si è lavorato all’allacciamento di interi quartieri o villaggi alle reti di teleriscaldamento funzionanti a biomassa, una soluzione virtuosa per fare efficienza energetica. Quello tedesco, invece, ha attivato un sistema che combina meccanismi di incentivazione con la partecipazione di associazioni di settore, industria ed enti di ricerca a progetti mirati, lavorando quindi su un mix che coniuga incentivi/ricerca/innovazione».
L’Italia come si pone nel contesto generale e quali sono gli aspetti su cui lavorare maggiormente? Come valuta lo strumento degli ecobonus?
«Ciò che ritengo innanzitutto necessario è una adeguata informazione sia del singolo proprietario di casa sia dell’ingegnere, che deve conoscere tutte le tecnologie presenti sul mercato e le possibilità di una loro integrazione. Per quanto riguarda gli incentivi, lo strumento di per sé è utile, ma la decisione che siano previsti in Finanziaria alla fine dell’anno crea incertezza negli addetti ai lavori. Pianificarli su base pluriennale garantirebbe al settore maggiore fiducia».
Il database da voi ottenuto, che è parte fondante della vostra attività di ricerca, rappresenta un importante strumento per definire le politiche energetiche. A livello attuale quali sono tuttora gli aspetti suscettibili di migliorie o su cui varrebbe di più puntare nel quadro normativo nazionale?
«Partendo dal presupposto che ogni Stato membro ha un suo piano energetico nazionale, quello italiano è abbastanza generale. Credo che le strategie energetiche dovrebbero andare più nel dettaglio e definire meglio in che ambiti si voglia intervenire. Il nostro lavoro potrebbe essere utile a questo proposito per fornire spunti e per segnalare le tipologie edilizie specifiche su cui intervenire».
La seconda fase del progetto iNSPiRe durerà ancora due anni. Su quali aspetti lavorerete in prospettiva?
«Il progetto opera su due filoni: uno, basato più su calcoli e simulazioni numeriche, è legato alla definizione del consumo energetico di una data tipologia edilizia, posta in un certo contesto climatico, e i costi conseguenti di risanamento per avere determinati valori di efficienza energetica; l’altro filone, su cui ci concentreremo, è legato ai prodotti che permettono di raggiungere questi livelli di efficienza. Per questo secondo filone abbiamo una serie di partner industriali che stanno sviluppando prodotti efficaci: mi riferisco, per fare un esempio, a facciate multifunzionali che comprendono l’isolamento e sistemi di ventilazione o pompe di calore poste direttamente nell’involucro edilizio».
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Tag
- edificio ad energia quasi zero
- efficienza energetica
- ricerca
- risparmio energetico
- ristrutturazione edilizia
L'autore
Andrea Ballocchi
Andrea Ballocchi, giornalista e redattore free lance. Collabora con diversi siti dedicati a energie rinnovabili e tradizionali e all'ambiente. Lavora inoltre come copywriter e si occupa di redazione nel settore librario. Vive in provincia di Milano.
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