Arriva il nuovo piano casa: il parere discorde delle associazioni
I primi giudizi delle associazioni di settore sul nuovo piano casa.
Con l’approvazione in Consiglio dei Ministri del decreto legge sullo sviluppo e, al suo interno, delle decisioni relative all’edilizia privata appartenenti al cosiddetto “Piano Casa”, sono giunti i primi giudizi delle associazioni di settore sul programma varato per la prima volta nel 2009 dallo stesso Governo Berlusconi per dare la possibilità – così si era espresso lo stesso CdM – “al singolo cittadino di effettuare interventi di ampliamento e/o ricostruzione della propria abitazione e di semplificare le procedure burocratiche sui lavori di edilizia”.
Dalla sua prima attuazione in poi però non si sono tradotti in pratica gli intenti: per questo, dietro alle parole più o meno positive sul nuovo provvedimento, le varie associazioni si staranno chiedendo se quelle promulgate nell’edizione 2011 saranno messe in pratica oppure rimarranno carta bianca.
I provvedimenti del 2011
Ma veniamo alle misure sul Piano Casa segnalate nel dl sviluppo. Nell’edizione 2011 (in forma di bozza, dato che si attende la pubblicazione del testo a breve sulla Gazzetta Ufficiale) le misure principali sono: la possibilità di ampliare la propria abitazione del 20% per gli immobili che vengono ristrutturati con una riqualificazione energetica e un ulteriore premio di volumetria del 10% per gli edifici non residenziali. Fino all’approvazione delle leggi regionali, che fisseranno gli standard degli incentivi, le ricostruzioni godranno di tali benefici; altra misura importante è l’incentivazione delle operazioni di abbattimento-ricostruzione dando inoltre più libertà “architettonica”. Per ottenere gli sgravi sui lavori di ristrutturazione (36%) o per il bonus energia (55%) non sarà più necessario comunicare all’Agenzia delle Entrate l’avvio della procedura. I passaggi burocratici saranno quindi semplificati, con il meccanismo del silenzio-assenso (nel caso in cui non si riceva parere contrario in 90-100 giorni, che diventano 180- 200 per le città con più di centomila abitanti) e la Segnalazione certificata di inizio attività (Scia) al posto della Dichiarazione di inizio attività (Dia) in tutti i casi, tranne quando questa sostituisce il Permesso di Costruire (super-Dia).
Sempre in tema di Piano Casa, le regioni avranno 60 giorni di tempo dall’approvazione del decreto sviluppo per ratificare le leggi attuative del Piano Casa e in quelle a statuto ordinario; trascorsi 120 giorni di tempo le nuove norme statali saranno “immediatamente applicabili”.
Il parere delle associazioni di settore
Questo è, in sintesi, quanto stabilito dal Governo. Veniamo ora ai giudizi espressi dalle associazioni di settore, cominciando con l’Associazione nazionale costruttori edili (Ance). Nell’analisi condotta dall’Associazione sul testo preliminare si evidenzia una certa positività nelle decisioni prese. Fra queste, giudicata come “rilevante innovazione” quella riguardante il procedimento per il rilascio del permesso di costruire “poiché viene introdotto il silenzio-assenso”. Per quanto riguarda le indicazioni fornite sull’operatività della Scia” il decreto, secondo l’Associazione, chiarisce che si applica all’edilizia ma non sostituisce la super-Dia e che restano ferme le disposizioni relative alla vigilanza sull’attività urbanistico edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni previste in materia di Dia dal Testo Unico edilizia. Altro punto analizzato da Ance sempre nell’ambito delle procedure edilizie è legato alla regolarizzazione automatica delle “lievi difformità verificatesi nella fase costruttiva rispetto al progetto originariamente approvato. In particolare la tolleranza riguarda le violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non superino per singola unità immobiliare il 2% delle misure progettuali”.
Il giudizio positivo di Ance si riflette anche nelle parole del suo presidente, Paolo Buzzetti: “le norme che consentono finalmente di abbattere e ricostruire un edificio cambiandone la sagoma e la destinazione d’uso vanno nel senso da noi da sempre auspicato di consentire anche in Italia, come avviene in tutto il mondo, di avviare un processo serio di riqualificazione delle nostre città. Siamo da sempre contrari a ogni forma di deregulation e ci siamo da sempre battuti perché venissero intensificati i controlli e le regole fossero applicate, ma non possiamo che condividere il principio di un sostanziale snellimento delle procedure che rendono ingessato il settore edile e fanno perdere competitività al nostro Paese”. Secondo Buzzetti, dal Piano Casa si passa “finalmente al piano città”.
Sui piani di riqualificazione urbana e sui premi di volumetria per la demolizione e ricostruzione, il presidente Ance sottolinea che “ora dobbiamo costruire il consenso per evitare sbarramenti delle Regioni e degli enti locali, coinvolgendo anche Legambiente e sindacati”.
Per Finco, la Federazione nazionale di Confindustria che rappresenta le industrie dei prodotti-impianti-servizi e opere specializzate per le costruzioni, viene giudicata positivamente la formazione agevolata del silenzio-assenso per il rilascio del permesso di costruire, salvo particolari vincoli, e l’estensione dell’operatività della Scia al posto della Dia. Un ulteriore giudizio positivo di Finco è l’impossibilità di interrompere i tempi di formazione del silenzio-assenso e comunque solo in relazione alla richiesta di documentazione ulteriore on già in possesso dell’Amministrazione.
Apprezza anche l’idea di una “banca delle cubature” e la possibilità di prevedere una sagoma diversa nella demolizione e ricostruzione legata all’armonizzazione architettonica, e anche quella di effettuare tali tipologie di interventi per i manufatti condonati. Un altro plauso va anche alla previsione di volumetria premiale fino al 10% degli edifici non residenziali.
Come evidenzia anche il suo presidente, Cirino Mendola: “si va nella giusta direzione”. Tuttavia a una prima analisi rimangono alcuni “nodi critici fondamentali”, il primo dei quali riguarderebbe il tenore percentuale dell’agevolazione volumetrica premiale in caso di abbattimento e ricostruzione: la sua “limitazione al 30%, già insufficiente, è stata strada facendo riposizionata sul 20% e limitata alle aree urbane degradate – segnala Mendola –. Questo aveva già costituito uno dei principali limiti allo sviluppo del precedente Piano Casa”. Altro nodo critico è sul ruolo delle regioni, che “restano titolari in forma concorrente della materia (escluse le autonome, titolari appieno), con il conseguente rischio di un allungamento dei tempi operativi già riscontrato nella precedente edizione del Piano”.
Un parere critico sul Piano Casa proviene invece dall’Istituto nazionale di urbanistica (Inu): esprimendo, innanzitutto, “la più viva preoccupazione per alcune norme in materia edilizia, urbanistica e ambientale” legate al dl sviluppo va poi a segnalare i punti deboli relativi al Piano Casa e alla riproposizione di misure che, come si legge in una nota, “hanno già dimostrato tutta la loro inefficacia con il fallimento del precedente piano varato dal Governo nel 2009 e solo in parte recepito dalle regioni”. In questo caso, segnala l’Istituto, le misure di incentivazione volumetrica, non solo a favore della residenza ma anche delle altre funzioni insediative, produttive e commerciali, si riferiscono solo ad aree urbane degradate, tanto da far definire il provvedimento come piano città. A suo parere, l’obiettivo considerato giusto di un sostegno agli interventi di demolizione e ricostruzione viene tuttavia vanificato da una “ennesima invasione di campo da parte dello Stato nelle competenze regionali, appena mascherata dalla disposizione presente nel decreto che ne rinvia l’operatività di 120 giorni, in attesa di provvedimenti legislativi regionali ad hoc, qualora le regioni non condividano l’applicazione di tale provvedimento sul loro territorio”. Le conclusioni tratte sul Piano Casa sono decisamente negative: “al di là dei forti dubbi di costituzionalità del provvedimento”, l’ente sottolinea “la rozzezza culturale e disciplinare con cui è trattata una problematica delicatissima, che riguarda le modalità di riqualificazione urbana che non possono essere ridotte alla presenza di destinazioni tra loro compatibili e di modifiche alla sagoma degli edifici per una armonizzazione architettonica con gli organismi edilizi esistenti”.
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L'autore
Andrea Ballocchi
Andrea Ballocchi, giornalista e redattore free lance. Collabora con diversi siti dedicati a energie rinnovabili e tradizionali e all'ambiente. Lavora inoltre come copywriter e si occupa di redazione nel settore librario. Vive in provincia di Milano.
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