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La falsa bioplastica che inganna i consumatori | Tekneco

La falsa bioplastica che inganna i consumatori

Bioborse “tagliate” con una percentuale di plastica tradizionale per abbassare i costi di produzione. E questo le rende non biodegradabili o compostabili

Scritto da il 24 novembre 2011 alle 8:45 | 0 commenti

La falsa bioplastica che inganna i consumatori

A volte ritornano. Chi pensava di essersi liberato una volta per tutta degli indistruttibili sacchetti di plastica potrebbe avere un’amara sorpresa. “Circolano moltissime buste per nulla o non del tutto compostabili”. È questa la denuncia del portale Quibio.it, secondo cui molti sacchetti, che per legge da quest’anno devono essere biodegradabili, verrebbero tagliati con una percentuale di plastica non bio all’interno, per tenere bassi i costi di produzione del sacchetto e speculare sulla vendita. Per quanto bassa sia la percentuale di plastica tradizionale, il sacchetto “ibrido” non è più completamente biodegrabile e di conseguenza non è compostabile. Secondo Quibio è arrivato il momento di sollevare il problema “per evitare che ciò che abbiamo fatto uscire dalla porta non ci rientri dalla finestra. Da una nostra indagine solo la grande distribuzione e pochi esercenti minori stanno andando nella giusta direzione, utilizzando biosacchetti che rispettano le norme Cee”.

Le borse biodegradabili si riconoscono dal Ok Compost, che però si può apporre solo se la materia prima rispetta tutti i criteri delle norme può apporre solo sui sacchetti che rispettano tutti i criteri delle norme En 13432 per l’Europa, Astm D6400 per gli Usa. Vinçotte, Din Certco per l’ Europa e Bpi World per gli Usa sono gli Enti preposti che rilasciano la certificazione di biodegradabilità e compostabilità.

“All’inizio dell’anno avevamo salutato con grande soddisfazione l’entrata in vigore dell’obbligo di utilizzo dei biosacchetti. La notizia era ed è ancora molto positiva, prima di tutto per l’ambiente: grazie a questa norma ogni giorno vengono prodotte centinaia di migliaia di tonnellate di plastica in meno”, conclude Quibio.it. Da subito però il portale ha percepito il rischio di speculazione, cosa che dalla ricerca Quibio.it sembra proprio che stia accadendo.


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